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Che cosa significa AhiṃsāAhimsa è il primo dei cinque Yama, i principi morali dello Yoga, e si usa per esprimere il concetto di non-violenza, molto caro alla cultura indiana. Il termine ahiṃsā deriva dal sanscrito e significa "non nuocere", essendo composto da a privativa che si traduce con "non" e dal verbo han che vuol dire “uccidere". Si tratta di un concetto fondamentale nella filosofia Yoga che trascende il suo significato prettamente fisico e che può essere esteso ad ambiti assai diversi tra loro, la non-violenza, infatti, non riguarda solo la sofferenza inflitta al corpo ma anche quella psicologica e spirituale. Nei prossimi paragrafi esamineremo le varie sfaccettature di ahimsa e vedremo come sia possibile applicare un concetto così elevato alla vita reale. Le origini La prima definizione di ahimsa si trova nella Chāndogya Upaniṣad, tra i più antichi commentari vedici, se ne parla anche in altri testi della tradizione indiana tra cui figurano Mahābhārata, Bhagavadgītā e Purāṇa, ma è nello Yoga Sūtra di Patañjali che si delinea una sua prima definizione yogica, qui ahimsa viene inserita nel corpus degli Yama che assieme ai Niyama costituiscono rispettivamente i principi di etica sociale e personale dell'Ashtanga Yoga, il percorso di otto passi che lo yogin deve compiere lungo il suo cammino verso la liberazione. Questo principio, dunque, trae le sue origini in India, dove ha permeato la cultura sia laica che religiosa, ed è a partire da qui che si è esteso al buddismo e al jainismo, nel quale trova la massima radicalizzazione. Ahimsa per i jainisti rappresenta il primo dei cinque giuramenti che i monaci devono sostenere, qui l’idea di non-violenza viene estesa non solo agli uomini ma a tutti gli esseri, tanto che gli osservanti stanno attenti a non calpestare insetti quando camminano o a ingerirli inavvertitamente, inoltre tutti i Jainisti compresi i laici praticano ahimsa nella quotidianità, sono, infatti, strettamente vegetariani, rinunciano a lavori che comportino la distruzione della vita e periodicamente si dedicano al perdono, riconciliandosi con familiari e conoscenti. Il Sutra
Qui sotto riportiamo il passo tratto dallo Yoga Sūtra che parla di ahimsa: 2.35 ahiṃsāpratiṣṭhāyāṃ tatsannidhau vairatyāgaḥ Traduzione ahiṃsā: non nuocere pratiṣṭhā: che è stabilmente tat: suo saṃnidhi: presenza vaira: ostilità tyāga: lasciar andare In presenza di chi (tatsaṃnidhi) è stabilmente fondato nel non nuocere (ahiṃsāpratiṣṭhā), viene meno l’ostilità (vairatyāga). [F. Squarcini(a cura di), Patañjali, Yogasūtra, Giulio Einaudi editore, Torino, 2015] Significato Quando esercitiamo la non-violenza con fermezza e convinzione allontaniamo le ostilità, non solo perché in prima persona non manifestiamo atteggiamenti aggressivi ma anche perché con il nostro comportamento pacifico abbiamo il potere di influenzare positivamente gli altri. La non-violenza nella società moderna Il principio della non-violenza non si è limitato rimanere relegato nella sfera filosofica e religiosa ma nel tempo si è esteso anche in ambito civile, valicando i confini del sub continente asiatico tanto da essere stato adottato da diverse grandi figure di rilevanza internazionale. Il più famoso è sicuramente il Mahatma Gandhi che ha introdotto il concetto di ahimsa nell'attivismo politico, rendendolo il baluardo pacifista della lotta per l’indipendenza dell’India dagli inglesi. Gandhi è stato il teorico di satyagraha, in cui ha unito i primi due principi morali degli Yama, cioè satya (verità) e ahimsa (non-violenza), ciò si traduce in pratica nella resistenza all'oppressione tramite la disobbedienza pacifica. Il dialogo e la resistenza non violenta di Gandhi sono stati un potentissimo strumento di persuasione che ha contribuito al processo di emancipazione del proprio paese senza l’impiego delle armi da parte dei tantissimi indiani che lo hanno seguito, portando l'India ad ottenere l’indipendenza nel 1947. Questo esempio mirabile di forza gentile ha generato una vera e propria rivoluzione politica e sociale che ha influenzato prima un intero popolo e ha poi ispirato molti altri uomini e donne della storia contemporanea, tra cui Martin Luther King, Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi e tantissime persone tra gli attivisti dei gruppi ecologisti e dei movimenti in difesa dei diritti civili della nostra epoca. Ahimsa nella vita di tutti i giorni Decidere di praticare ahimsa nella quotidianità può essere davvero utile per la nostra crescita personale, ci farà sentire più stabili e allo stesso tempo leggeri, liberi dalle ostilità, migliorando visibilmente la nostra vita e quella di chi ci sta intorno. Prima di introdurre ahimsa nelle nostre giornate occorre individuare tutti quegli atteggiamenti in cui tendiamo a manifestare aggressività e analizzare le cause di tali comportamenti, dietro di essi, infatti, si celano quasi sempre sentimenti di paura e insoddisfazione. Una volta che abbiamo compreso ciò che agita il nostro animo, possiamo iniziare a praticare la non-violenza in maniera più consapevole. Il primo passo è promuovere atteggiamenti opposti a quelli che implicano violenza. Coltivare sentimenti positivi come la gentilezza, l'imparzialità, il coraggio e l'empatia, rappresenta il cardine della pratica di ahimsa, che apporterà nella nostra vita un maggiore senso di connessione e di equilibrio. Ciò significa prima di tutto attuare la non-violenza nei nostri confronti: essere compassionevoli e liberi dai giudizi verso noi stessi ci aiuterà ad essere più tolleranti ed empatici anche verso gli altri. Il passo successivo è trasformare questi sentimenti positivi in piccole azioni: proviamo ad esprimerci con parole cordiali anche in situazioni avverse e cerchiamo di ridurre il nostro impatto negativo nel mondo. Ad esempio, possiamo portare più consapevolezza nei nostri discorsi, evitando pettegolezzi e commenti gratuiti, trattare gli altri con più rispetto e cortesia, incremetare la tolleranza e il senso civico, o ancora possiamo fare scelte amiche dell’ambiente, riducendo la nostra impronta ecologica e adottando una dieta che arrechi meno sofferenza possibile, come quella a base vegetale. Una chiave di volta per sviluppare correttamente ahimsa è affiancarla a satya, ovvero ricercare la verità, avere cioè onestà intellettuale, e di intenti, che si traduce nel riconoscere di non avere ragione a tutti costi e in una maggiore apertura mentale verso l'altro e il diverso. Questo sarà sicuramente più semplice se impariamo a lasciar andare: mollare un po' la presa su beni materiali, persone o errate convinzioni, ci farà capire che non sempre vale la pena di reagire in maniera emotiva e che esistono strumenti più illuminanti della prevaricazione. Seguendo questi principi alla fine saremo in grado di batterci per valori davvero fondanti in maniera equilibrata e pacifica, con coraggio e determinazione. Praticare ahimsa ci aiuterà a placare la rabbia e a ritrovare la pace interiore, avrà un impatto positivo sul nostro benessere fisico e mentale e su quello di chi ci sta intorno, ci sentiremo sollevati da inutili ostilità, raggiungeremo in nostri obiettivi con piena soddisfazione, senza sensi di colpa, infine inizieremo a vivere una vita più significativa e serena. Leggi anche I commenti sono chiusi.
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