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Siamo talmente bombardati da queste sollecitazioni che diventa davvero difficile ignorarle per trovare quel silenzio interiore di cui avremmo tanto bisogno. Non di rado può accadere che ne diventiamo letteralmente schiavi e, spesso, senza nemmeno esserne consapevoli, entriamo in una sorta di assuefazione. A questo punto si ricorre agli espedienti più disparati per ottenere uno stimolo maggiore, si inizia ricercare spasmodicamente l'eccitazione sensoriale in maniera continua.
A lungo andare ci si smarrisce in un mare ondoso di informazioni e sensazioni che distraggono la mente, in poche parole non si riesce più ad andare in profondità, ma si rimane a surfare la superficie delle cose, così si finisce facilmente per perdere di vista il nocciolo, il centro vitale della propria esistenza. Sviluppare pratyahara significa prendere il controllo della situazione, riuscire a contenere i sensi sino a placarli, regalarsi una pausa di silenzio per ottenere maggiore chiarezza. Con l'esercizio, avremo a disposizione un importante mezzo per riprendere le redini nel quotidiano. È facile intuire che pratyahara può essere utilizzato un efficace strumento per il controllo del dolore: quando spegniamo i sensi, ad esempio, gli stimoli dolorosi possono essere attutiti in maniera considerevole. Il ritiro dei sensi, inoltre, é una condizione necessaria per una buona meditazione: nonostante non sia per nulla semplice placare a nostra discrezione le sensazioni percepite istante per istante, con l'allenamento e ricreando le condizioni giuste, questo meccanismo inizierà a diventare automatico, un'impercettibile porta verso il cuore intimo dello Yoga. Quando meditiamo correttamente, infatti, siamo già entrati in pratyahara, altrimenti non saremmo stati in grado di stabilizzare la concentrazione sull'oggetto della nostra meditazione. Dei validi alleati per sviluppare pratyahara sono gli asana e il pranayama, essi ci allenano ad avere il controllo sensoriale, focalizzandoci su alcune parti del corpo, sul movimento e sul respiro, a volte in maniera talmente efficace da far passare in secondo piano tutto il resto. Una pratica intensa e costante favorisce fattivamente la ritrazione dei sensi, permettendoci di scaricare con più facilità le tensioni accumulate, di allentare l'attenzione verso gli stimoli e i pensieri distraenti. Con pratyahara iniziamo a distaccarci gradualmente dal mondo esterno ricentrandoci. In definitiva, è fuorviante considerare pratyahara come uno stato a se stante, esso costituisce piuttosto il primo di una serie di layer in parte sovrapposti, che insieme permettono di raggiungere lo stato di enstasi del Samadhi. I commenti sono chiusi.
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