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I tipi di mantra: Saguna, Nirguna e Bija mantra

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Quanti tipi di mantra esistono?

​I mantra sono formule o invocazioni che vengono ripetute ritmicamente e costituiscono una particolare forma di meditazione. Ne esistono diverse varietà, nel corso del tempo, infatti, i mantra si sono differenziati a seconda delle scuole di appartenenza e dei rituali ad essi associati, in special modo durante il periodo tantrico quando si assiste ad una fioritura di queste pratiche. La classificazione più adoperata li vede raggruppati in tre macro categorie fondamentali all'interno delle quali vengono ordinati a seconda delle loro caratteristiche salienti.
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​Saguna, Nirguna e Bija mantra

Le tre tipologie principali di mantra sono costituite dai Saguna mantra, dedicati alle divinità, dai Nirguna mantra, che esprimono concetti astratti e dai Bija mantra, rappresentati da monosillabi primordiali. A seguire scopriremo le caratteristiche che contraddistinguono ogni gruppo.
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Saguna mantra (mantra con forma), conosciuti anche come mantra delle divinità in quanto vengono utilizzati per invocare gli dei, per chiedere loro aiuto e protezione o per accedere alle loro qualità mistiche, spesso sono consegnati dal maestro al discepolo in accordo con la divinità personale assegnatagli al momento dell’iniziazione. Questi mantra fungono da tramite nella relazione verticale tra uomo e dio, il divino, infatti, è un concetto troppo ampio per essere compreso pienamente con mezzi razionali, i saguna mantra essendo dei veri e propri simboli sonori, agevolano il processo intuitivo: essi rappresentano la forma del dio attraverso suono, e così come i simboli visivi favoriscono la concettualizzazione e l’interiorizzazione delle qualità che esprimono. Un esempio è il Lakshmi mantra, Om Shreem Maha Lakshmyai Namaha, dedicato alla dea dell’abbondanza e della fortuna.
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Nirguna mantra (mantra senza forma), sono i cosiddetti mantra astratti, non hanno un senso manifesto, così come non rappresentano una forma né divinità specifiche, si dice che questi mantra siano in grado di contenere all'interno della loro vibrazione tutto lo scibile e le verità fondamentali della filosofia yogica, infatti, il loro potere risiede non tanto nel significato quanto nella loro sonorità, pertanto sono più difficili da interpretare. Recitare i Nirguna mantra aiuta ad abbandonare il sé individuale per potersi identificare completamente con la realtà universale, la natura intrinseca di ogni cosa, generando nel praticante un profondo stato di unione e donandogli una grande pace interiore. Un esempio fra tutti è il cosiddetto "mantra del respiro", So Ham, la cui interpretazione "Io sono Quello" sta a indicare l'inscindibile connessione del singolo con l'Assoluto
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Bīja mantra (mantra seme), sono costituiti da monosillabi, si possono definire come i mantra origine e rappresentano  vibrazioni ancestrali senza un significato compiuto, pertanto, come i nirguna, ai quali spesso vengono accorpati, rimangono nel campo dell'astrazione pura, la loro importanza risiede, infatti, esclusivamente nella vibrazione che emanano. Questi mantra sono considerati molto potenti, in diretta comunicazione con il corpo sottile, il loro suono riporta all’essenza, quando tutto è potenza ed energia creativa, essi possono essere recitati come sillabe a sé stanti, oppure essere incorporati nelle formule dei Saguna e Nirguna mantra per conferirgli una speciale sfumatura e amplificarne la forza. Alcuni di loro sono correlati ai sette chakra o associati alle principali divinità induiste, la sillaba AUṂ rappresenta il bīja mantra più famoso, considerato il suono primordiale, la forma sonora dell’Assoluto.

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Che cosa sono i mantra

I mantra sono formule o invocazioni ripetute composte da brevi frasi, parole o sillabe in lingua sanscrita che vengono riprodotti, usando la voce, il canto o la recitazione silenziosa, per entrare in un particolare stato meditativo tramite la tecnica della ripetizione, detta Japa Mantra. La parola mantra è composta dall'antica radice sanscrita man (che ritroviamo nel latino "mens", nell'italiano "mente" e l’inglese "mind") e si traduce con il verbo “pensare”, e dall'aggettivo kṛt che significa "che agisce” o “che protegge”. Dunque, il termine mantra vuol dire “che agisce sul pensare” o “che protegge la mente”, ma viene più comunemente tradotto come “strumento del pensiero”, pertanto Japa mantra è una particolare forma di meditazione per controllare e proteggere la nostra mente.

​Le origini

​Già in epoca vedica si parla abbondantemente di mantra, spesso, si trovano celati proprio tra i versi dei testi sacri. Secondo la religione induista i mantra sono formule mistiche rivelate ai rischi (saggi) le cui vibrazioni hanno natura divina, pertanto la tradizione vuole che siano eterni, incorruttibili e che non possano essere creati dall'uomo.

Nella
 tradizione Yoga queste preziose rivelazioni venivano tramandate oralmente dal guru (maestro spirituale) al discepolo, avevano per lo più carattere segreto e rappresentavano un elemento di iniziazione per l’aspirante yogin. Tali formule occupavano un posto centrale nelle pratiche tantriche, che facevano ampio uso di rituali, venivano utilizzate per la meditazione e rappresentavano l’espressione della divinità in forma sonora.

​L’uso dei mantra nel tempo si è spinto ben oltre i confini dell'India, raggiungendo e influenzando altre culture vicine e lontane, come nel caso della filosofia buddista e della religione cristiana, basti pensare ai popolari mantra Tibetani e alla recitazione del rosario, espressione, quest'ultima, delle pratiche meditative occidentali che adottano la tecnica della ripetizione.
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Come funzionano i mantra

​Il mantra agisce attraverso il potere del suono (espresso o interiorizzato) e della ripetizione: le vibrazioni sonore che lo contraddistinguono generano un'energia benefica che pervade il nostro corpo e che dà forza e profondità alla meditazione, mentre la recitazione ritmica e continua delle sillabe aiuta ad entrare e a sostare nello stato meditativo con più facilità, ciò accade perché il rimanere sintonizzati su un unico canale permette di spazzare via le distrazioni e i pensieri intrusivi, liberando la mente. Alcuni mantra sono costituiti da frasi o parole di senso compiuto, altri invece non hanno un significato manifesto, tutti però rappresentano dei veri e propri simboli sonori, e come tali esercitano un elevato potere sulla nostra psiche a livello subconscio, ed è proprio questo meccanismo che opera in maniera sottile ad uno strato più profondo ad essere in grado di influenzare e proteggere la nostra mente.
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​Il potere benefico dei mantra

​La recitazione dei mantra può migliorare lo stato di benessere nel praticante, oggi sappiamo che le vibrazioni sonore possono apportare benefici a livello fisico e psicologico, basti pensare all’impiego della musico-terapia per favorire la comunicazione e la salute, all’uso medico degli ultrasuoni o semplicemente alla capacità della musica di influenzare il nostro umore. I mantra sono costituiti appunto da suoni che possono essere utilizzati per migliore il controllo sulla mente, soprattutto se accordati alle tecniche di respirazione: la psiche, infatti, tende naturalmente a vagare e ad essere sopraffatta dagli stimoli che riceve, la ripetizione ritmica ha la capacità di riportarla nel momento presente e di condurla verso una specifica direzione, permettendo di interiorizzare e maturare le qualità positive del mantra.
 
Durante la recitazione la vibrazione sonora si espande attraversando tutte le cellule del corpo con un piacevole effetto rigenerante, che favorisce la distensione muscolare e la vitalità dei tessuti. Su un piano psicologico svolge un’azione purificante e calmante, la ripetizione aiuta a placare la mente dalle irrequietudini e dall’ansia, è utile nella gestione dell’emotività e gli sbalzi d’umore, è in grado di infondere coraggio e fiducia in se stessi, di sostituire i pensieri negativi con altri positivi e costruttivi, instaurando in chi recita la formula un profondo senso di quiete e serenità. La pratica dei mantra promuove la crescita spirituale, inoltre, allena la concentrazione, mantenendo la mente fissa su un flusso unico, continuo e coerente, e aiutando ad allontanare i pensieri intrusivi, ossessivi o indesiderati. A livello sottile ripulisce le nadi e rimuove i blocchi che ostacolano la circolazione del prana, migliorando il flusso delle energie, favorendo le connessioni tra le parti e sviluppando l’intuito.
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​Stuttura del mantra

La struttura portante di ogni mantra prevede la presenza di sei parti, chiamate Shadanga: 
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  • Rishi, il saggio che porta alla luce la formula sacra e la tramanda ai discepoli
  • Devata, la qualità divina che contraddistingue la formula
  • Bija, la sillaba seme che ne rappresenta l’essenza
  • Shakti, l’energia dinamica che esprime la forza vitale del mantra
  • Chanda, la metrica specifica con cui deve essere recitato
  • Kilaka, la chiave segreta di lettura di un mantra, ciò che serve a sbloccare tutto il suo potere​
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Tipi di mantra

​Esistono tre principali macro categorie di mantra, dove le varie formule vengono ragguppate a seconda delle loro caratteristiche salienti: i Saguna (mantra con forma) sono dedicati alle divinità indiane e servono per invocarle o interiorizzare le loro qualità; i Nirguna (mantra senza forma) che esprimono concetti astratti tipici della filosofia Yoga particolarmente utili per la crescita spirituale dell'individuo; i Bija (mantra seme) costituiti da monosillabi che manifestano il proprio potere nella vibrazione primordiale che emanano.
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​Come si recitano i mantra

Cosa occorre
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Per questa tecnica può essere utile avvalersi di un Japamala, una corona composta da 108 grani simile ad un rosario che aiuta a tenere il conto durante la recitazione dei mantra, altrimenti è possibile contare le ripetizioni usando semplicemente le dita della mano, ad esempio facendole scorrere sui polpastrelli secondo il metodo yoga, in questo modo, tuttavia, può risultare un più difficile mantenere il conto, soprattutto per chi è alle prime armi e prevede di ripetere il mantra per un tempo prolungato.
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Le modalità di recitazione del Japa Mantra

Esistono diverse modalità di ripetizione (Japa) del mantra tra cui scegliere:
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  • Vaikhari Japa, la ripetizione a voce alta, ovvero pronunciando le sillabe in maniera scandita e con un volume udibile. Recitare in maniera sonora aiuta a direzionare la mente in un unico canale stabile e continuo, è profondamente liberatoria ed è la più semplice da eseguire in quanto non richiede grandi capacità di concentrazione; per ottenere un effetto maggiore è possibile cantare il mantra, questa modalità è la più energetica e procura un grande coinvolgimento nel praticante
 
  • Upamsu Japa, la ripetizione silenziosa, qui il mantra viene sussurrato o pronunciato senza emettere alcun suono, ma resta presente un leggero movimento delle labbra e dei muscoli coinvolti nella recitazione vocale, tale modalità favorisce il rilassamento e la concentrazione, aiuta a controllare le energie, l’ansia e gli impulsi, crea uno scudo difensivo per la mente, è utile nella gestione di situazioni stressanti ed ha il vantaggio di poter essere eseguita in qualunque momento, anche in luoghi silenziosi
 
  • Manasa Japa, la ripetizione interiore, avviene quando il mantra viene fatto risuonare internamente, viene cioè meditato o cantato nella mente, questa è considerata la modalità più potente e profonda ma anche la più difficile da eseguire, perché richiede già una certa capacità di concentrazione, manasa japa permette di interiorizzare il mantra, di accedere appieno alle sue qualità benefiche, inoltre, aiuta ad espandere la mente, sviluppando intuito, consapevolezza e un grande senso di unione 
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  • Likhita Japa, la ripetizione scritta, il mantra viene scritto o disegnato in successione per un determinato numero di volte, questa pratica può essere accompagnata dalle altre tre modalità di recitazione (sonora, silenziosa o interiore), funge come una vera e propria attività anti stress, aiuta dissipare i cattivi pensieri e a concentrarsi, intensifica l’impressione del mantra sulla coscienza attraverso l’immagine, dà l'opportunità di avere una copia del mantra da visualizzare e consultare quando se ne sente il bisogno 
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​Procedura (meditazione Japa Mantra)

​
  1. Fai dei respiri lunghi profondi dalle narici, finché non ti sentirai rilassato e a tuo agio, se vuoi puoi chiudere gli occhi
  2. Scegli in che modalità ripetere il mantra: pronunciato ad alta voce, sussurrato, meditato o cantato
  3. Pronuncia la formula del mantra scandendo bene le sillabe (anche nelle versioni non sonore), concentrandoti sulla vibrazione che queste producono
  4. Ripeti il mantra 108 volte oppure per multipli di nove
  5. Quando hai terminato resta qualche istante a meditare sulle qualità del mantra, al termine della meditazione se hai chiuso gli occhi lascia che si riaprano dolcemente
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​Suggerimenti utili

Per i neofiti è più indicata la recitazione sonora, a voce alta o cantata, inizialmente si può leggere la formula del mantra scritta su un foglio, per aiutare nella pronuncia e instaurare un livello base di concentrazione. Sappiamo bene che la mente tende a stancarsi facilmente, soprattutto se non si è allenati, la diversificazione è una tecnica utile a mantenere viva l’attenzione, essa consiste nell’alternare le diverse modalità di recitazione del mantra, ad esempio si può iniziare a pronunciarlo a voce alta per poi sussurrarlo e infine ripeterlo internamente, ogni qualvolta sovviene la distrazione si cambierà modalità di riproduzione, passando da quelle più silenziose a quelle sonore e viceversa, sarà più facile rimanere a lungo focalizzati e tenere a bada la sonnolenza. Per la massima efficacia si sconsiglia la pratica di più mantra nello stesso periodo, meglio concentrarsi su uno solo finché non abbia esaurito la sua funzione.

​Il momento migliore per la pratica dei mantra è la mattina appena svegli o al calar della sera quando si è più raccolti e predisposti alle pratiche spirituali, ma si può effettuare anche durante il giorno in accostamento alla pratica Yoga degli asana, del pranayama, all'esecuzione di una mudra e in qualunque momento se ne senta l'esigenza. La pratica ha una durata decisamente flessibile che può variare da pochi minuti ad un paio di ore, l’importante è pronunciare il mantra correttamente, scandendo bene ogni sillaba anche nel caso in cui lo si stia recitando in silenzio o interiormente. Per ottenere i benefici e vedere i primi risultati della pratica sui mantra occorrerebbe dedicare una certa quantità di tempo, la durata più accreditata per il Japa Mantra prevede almeno un’ora o due al giorno di pratica per circa due mesi, arrivando a un totale di almeno 100.000 ripetizioni per un solo mantra. Al termine della pratica è consigliabile rimanere in silenzio per qualche minuto riprendendo le attività in maniera lenta e graduale.

​Scelta del mantra, tradizione o modernità?

​Tradizionalmente i mantra sono formule sacre espresse esclusivamente in sanscrito, che secondo l’induismo rappresenta la lingua degli dei, per esprimere al meglio il loro potere ogni sillaba va pronunciata correttamente e scandita secondo una specifica metrica, essi possono essere rivelati solo da un guru (maestro spirituale) che svela la formula e il suo significato direttamente al proprio discepolo, inoltre, non dovrebbero essere cambiati finché il loro compito non sia completamente esaurito, spesso il mantra personale è per la vita.

Tuttavia, oggi, le scuole di pensiero sono diverse e variegate, c’è chi preferisce mantenere una linea di condotta conservatrice e chi è convinto, invece, che adottare una pratica più elastica si accordi meglio alla vita contemporanea, promuovendo la scelta autonoma del mantra, la sua lettura e recitazione, persino la sua stesura in altre lingue, ad esempio attraverso lo studio di testi sull'argomento o tramite l'ascolto di audio e video specifici, senza cioè che necessariamente che la formula venga appresa direttamente da un guru in carne e ossa, ciò che resta fondamentale è il messaggio di cui i mantra sono portatori, che dovrà essere sempre positivo, benefico e promuovere la crescita spirituale del praticante.
​

​Benefici del Japa Mantra

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  • favorisce il rilassamento
  • riduce l'ansia
  • infonde fiducia e coraggio
  • allena la concentrazione
  • aiuta a gestire l'emotività
  • genera gratitudine e positività
  • rigenera e rivitalizza
  • protegge la mente
  • rimuove i blocchi psicologici
  • favorisce la circolazione del prana
  • promuove la crescita spirituale
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Il mantra della ricchezza e dell'abbondanza

​Esistono diversi mantra dedicati alle divinità, detti saguna mantra, tra questi  il Lakshmi Mantra (o Laxmi Mantra) è il più famoso dedicato alla dea Lakshmi, che nella mitologia induista viene identificata con la dea della buona sorte, del benessere, della luce e della prosperità. Lakshmi è bellissima, affascinante, magnanima, materna, ama la pulizia e l’ordine, è portatrice di luce e conoscenza, salute e abbondanza, i suoi colori sono il rosso e l’oro, i suoi simboli il fiore di loto, il gufo e l’elefante bianco.

​Tradizionalmente questo mantra viene recitato per ottenere maggiori guadagni, salute e fertilità, ma anche per raggiungere una maggiore ricchezza spirituale e per incrementare le proprie facoltà intellettive, rendendo le idee fruttuose e le relazioni appaganti. Lakshmi è solennemente celebrata durante il Diwali, una delle più importanti feste del mondo indiano, in questa ricorrenza le vengono dedicate molteplici offerte, riti e cerimonie, la si invoca per chiederle fortuna e ricchezza, si recitano preghiere e mantra in suo onore.
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​Il potere del Lakshmi Mantra

Il canto di questo mantra conferisce benessere, accresce l'autostima e induce il rilassamento in chi lo recita. Secondo la tradizione indiana la vibrazione prodotta dalla ripetizione del Lakshmi Mantra produce un'energia positiva che porta gioia e felicità, tende ad attrarre abbondanza, fortuna e prosperità in tutti i campi della vita, la sua pratica regolare porta luce nella vita spirituale, attira ricchezza economica, genera bellezza, migliora la salute, la fertilità, l'ingegno e allontana le influenze negative. Tuttavia, l'effettivo potere di questo mantra consiste nell'interiorizzare le qualità positive della dea Lakshmi, nell’infondere calma, sicurezza e chiarezza mentale, tutti attributi in grado di renderci più ricettivi nei confronti delle possibili occasioni che ci offre la vita, con i molti benefici che ne conseguono.
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Il Mantra

​ ॐ श्रीं महा लक्ष्म्यै नमः
Om Shreem Maha Lakshmyai Namaha
 I miei saluti alla grande Lakshmi
​

Il significato del Lakshmi Mantra

​Questa formula proviene dallo Shri Suktam nel Rig Veda, che è il più antico dei Veda, è un'invocazione benefica che si dice porti fortuna e felicità, ogni parola in questo mantra ha un significato specifico: 

Om: ​rappresenta il divino sotto forma di vibrazione sonora, spesso lo troviamo per iniziare o concludere una preghiera
Shreem: è il bija mantra per la dea Lakshmi, il suono seme che non è traducibile letteralmente ma rappresenta un simbolo sonoro che richiama la bellezza e la ricchezza
Maha: significa grande, in riferimento alla magnificenza della Dea.
Lakshmi: è il nome più utilizzato per chiamare questa divinità
Yai: è un suffisso accostato al nome della dea per indicare che ciò che stiamo recitando è a lei dedicato
​Namaha: significa porgere i propri saluti e onori

​Come recitare il Lakshmi Mantra

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​Preparativi
Lakshmi è la dea della bellezza e dell’ordine, si dice che non visiti i luoghi dove regna il caos e la sporcizia, e in effetti se non abbiamo una vita ordinata e una mente limpida difficilmente riusciremo ad ottenere successo e a raggiungere ciò che desideriamo, dunque, pulisci l’ambiente dove reciterai il mantra, inizia a preparare il terreno per un futuro di luce e prosperità prima di tutto dal luogo in cui dimori. Puoi decidere di onorare la dea Lakshmi creando un altarino, magari con una statuetta o un'immagine che la raffiguri, puoi adornarlo con un fiore di loto o altri fiori sui toni del rosso, accendendo qualche candela e spargendo un po' di riso mescolato a della curcuma per conferirgli il caratteristico colore giallo oro, in ogni caso evita il più possibile di utilizzare colori scuri, indossa abiti puliti, preferibilmente di tonalità vivaci e luminose.
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Cosa occorre
Per questa pratica potrebbe esserti utile un Japamala, la corona di grani che aiuta a tenere il conto durante la recitazione dei mantra, quello più indicato è il Kamalgatta mala, fatto con i semi di loto, lo splendido fiore che si erge dalla fanghiglia caro alla dea, simbolo della capacità di emergere e prosperare anche nelle situazioni più difficili, per questo tale oggetto si ritiene sia di buon auspicio, altrimenti puoi contare le ripetizioni usando semplicemente le dita della mano, anche se risulterà un po’ più difficile non perdersi se prevedi di ripetere il mantra per molte volte.
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Procedura
  1. Fai dei respiri lunghi profondi dalle narici, finché non ti sentirai rilassato e a tuo agio, se vuoi puoi chiudere gli occhi
  2. Scegli in che modalità ripetere il mantra: pronunciato ad alta voce, sussurrato, meditato o cantato
  3. Pronuncia il mantra Om Shreem Maha Lakshmyai Namaha scandendo bene le sillabe e concentrandoti sulla vibrazione che queste producono
  4. Ripeti questa formula 108 volte oppure per multipli di nove
  5. Quando hai terminato resta qualche istante a meditare sulle qualità della dea Lakshmi,  infine se avevi chiuso gli occhi lascia che si riaprano dolcemente
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Suggerimenti utili

​Il momento migliore per recitare questo mantra è la sera o la mattina, ma anche durante il giorno in accostamento alla tua pratica yoga o a momenti in cui senti la necessità di risvegliare le doti di Lakshmi. La pratica ha una durata abbastanza flessibile, può variare da pochi minuti ad un paio di ore, l’importante è pronunciare il mantra correttamente, scandendo bene ogni sillaba anche nel caso in cui lo stessimo recitando in silenzio; se vuoi amplificare i benefici di questa pratica dovresti dedicare almeno un’ora o due al giorno alla recitazione del Lakshmi Mantra per circa due mesi, arrivando a un totale di 100.000 ripetizioni. 

Il mantra può essere espresso in diverse modalità di recitazione: cantato, pronunciato ad alta voce, sussurrato o recitato solo nella nostra mente, la modalità più adatta a chi comincia è quella ad alta voce o cantata perché la sonorità delle sillabe aiuta a mantenere viva l’attenzione, in ogni caso è normale che dopo un po' la mente tenda a distrarsi, se dovesse accadere riportiamo il focus sul suono o sulla vibrazione. Un trucchetto per mantenere alta la concentrazione è quello di diversificare la recitazione del mantra alternando le ripetizioni  sonore a quelle più silenziose.

Prima di iniziare la pratica del Lakshmi Mantra puoi eseguire una piccola preghiera o un mantra dedicato a Ganesha, colui che rimuove gli ostacoli, per eliminare i blocchi della mente e renderla più ricettiva per il Lakshmi Mantra. Puoi abbinare la recitazione di questa formula ad un'altra pratica yoga per rinforzarne l’efficacia, ad esempio una sessione di asana dedicata a Lakshmi o alle aperture del petto. Un buon modo per accrescere il potere del mantra è quello di contemplare l’immagine di Lakshmi durante la recitazione, possiamo osservare una stampa che la raffiguri, un dipinto, una statua o semplicemente proiettare l’immagine della dea nella nostra mente. Al termine della pratica prendiamoci del tempo per meditare sulle virtù che rappresentano la dea come la bellezza, la generosità, la dolcezza e l’abbondanza, provando a interiorizzare le qualità che appartengono a questa divinità.

La recitazione del mantra può essere fine a sé stessa, lasciando agire liberamente il potere benefico del suono senza alcuna interferenza, oppure accompagnata da una specifica richiesta alla divinità legata alle sue caratteristiche per ricevere salute, fortuna e prosperità. Quando fai la tua richiesta a Lakshmi ricorda che la bontà, la generosità, la disciplina e l’ordine vanno di pari passo con le altre doti più edonistiche, la dea non può sostare laddove non siano tutte presenti in equilibrio tra loro, se le tue intenzioni e le tue azioni non prevedono anche questi aspetti i risultati saranno effimeri e non otterrai frutti di grande valore.
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​Benefici del Lakshmi Mantra

  • favorisce il rilassamento 
  • induce il buonumore
  • attrae energia positiva
  • chiarifica la mente
  • infonde coraggio e fiducia in se stessi
  • accresce l'autostima
  • predispone ad essere più ricettivi
  • aiuta a rendere fruttuose le idee e le azioni
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Trataka, la meditazione della candela

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​Che cos’è Trataka

​Trataka o Tratak significa “osservare”, è una meditazione contemplativa di tradizione Yoga che utilizza lo sguardo per sviluppare la concentrazione, in cui colui che medita si focalizza in maniera stabile su un oggetto, ad esempio sulla fiamma di una candela, riuscendo a isolarsi dal mondo esterno. Questa tecnica fa parte fa delle sei azioni o kriyā di purificazione, dette shatkarma, si tratta di un esercizio considerato a metà strada tra le pratiche di Hata Yoga e il Raja Yoga. La meditazione praticata attraverso la contemplazione di un oggetto è presente in diverse altre tradizioni orientali e sfrutta il potere dello sguardo fisso su un oggetto materiale o immaginato per favorire l’ingresso in una sorta di stato di trance e indurre così il rilassamento. Trataka praticato con la candela funziona particolarmente bene perché risulta più semplice restare concentrati su un oggetto luminoso, come appunto la fiamma di una candela.
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Perché praticare la meditazione sulla candela

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Trataka è un esercizio efficacissimo per sviluppare la concentrazione e, quindi, entrare facilmente nello stato di Darhana, per questo spesso viene eseguito prima della meditazione. Infatti, sebbene durante tutto il tempo della pratica l'attenzione e la vigilanza rimangano attive, la mente riesce a isolarsi dagli stimoli esterni e a placare l’andamento caotico dei pensieri, favorendo il rilassamento, amplificando le sue capacità di cogliere le connessioni sottili e aumentando le proprie facoltà di comprensione dei fenomeni. La meditazione contemplativa è utile per purificare la mente, in quanto aiuta a far emergere i pensieri dagli strati profondi della psiche, liberandoci dalla spazzatura che intasa la nostra psiche e permettendoci di elaborare i traumi, risolvere i conflitti interiori, di sviluppare idee creative e strategie funzionali.
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​Come fare Trataka: la meditazione della candela

Cosa occorre

​Per questa pratica procurati: una candela, meglio se di quelle lunghe per raggiungere più facilmente l'altezza giusta, ma qualunque tipo può andar bene; un sostegno dove inserirla, come una bugia o un candeliere; uno strumento per accendere la candela, come un accendino o dei fiammiferi; un appoggio su cui sistemare la candela, come un tavolino basso o uno sgabello; puoi accomodarti direttamente a terra, tuttavia dovendo rimanere a lungo nella stessa posizione meglio essere comodi, pertanto potrebbe esserti utile un supporto per sederti più agevolmente, ad esempio un tappetino, un cuscino, uno zafu o un blocchetto.
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Preparazione
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Scegli un luogo al buio, tranquillo, silenzioso e riparato dai venti, se l’ambiente fosse troppo luminoso, chiudi le imposte e assicurati che la luce sia spenta o al massimo soffusa, meglio ancora se inserisci questa pratica al calar della sera o al mattino presto prima che sorga il sole, quando naturalmente la luce scarseggia. Siediti a terra o sul cuscino da meditazione, sistema la candela sul supporto a una distanza di 60 cm, circa la lunghezza del tuo braccio, fai in modo che lo stoppino si trovi all’altezza dei tuoi occhi, nel caso che il supporto sia troppo basso puoi inserire al di sotto un blocchetto o dei libri, infine accendi la tua candela.

​Assicurati che il supporto sia stabile e che non vi siano correnti d’aria che possano spegnere la fiamma durante l’esercizio, scegli la tua posizione da meditazione preferita: vanno benissimo Sukhasana, la posizione semplice a gambe incrociate, e Vajrasana, la posizione del fulmine seduti sulle ginocchia; ricordati di mantenere la schiena ben dritta e il mento leggermente verso il collo durante tutta la pratica. Prima di iniziare, soprattutto se sei stato molto tempo davanti a uno schermo, fai i seguenti esercizi oculari: con movimenti ampi lenti muovi i bulbi a destra e a sinistra per 10 volte, per altrettante volte in alto e in basso, adesso ruotali in entrambi i versi, poi apri e chiudi le palpebre tutto sempre per 10 volte, per finire tampona delicatamente le palpebre chiuse con le palme delle mani.
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​Procedimento
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  1. Socchiudi gli occhi e fai alcuni respiri lenti e profondi dalle narici finché non ti sentirai calmo e rilassato, se hai chiuso completamente le palpebre riaprile 
  2. dirigi lo sguardo gradualmente verso la fiamma della candela che sta di fronte a te
  3. fissa la fiamma rilassando i muscoli oculari, in modo da non creare tensione e cercando di non muovere occhi e le palpebre, ma senza mai forzare
  4. mantieni lo sguardo per un paio di minuti sulla candela, finché gli occhi non siano stanchi o iniziano a lacrimare, cerca di restare focalizzato sulla fiamma finché non hai la sensazione che diventi una sola cosa con la tua mente
  5. chiudi gli occhi osserva l’immagine residua della fiamma che si forma nello spazio buio di fronte te, concentrati su di essa, se si muove o tende a sparire cerca di riportarla al centro e di trattenerla ancora un po’ 
  6. riapri gli occhi lentamente solo quando l’immagine sarà del tutto svanita
  7. ricomincia dal punto 2 ripetendo la sequenza per altri due o tre cicli
  8. pratica il palming per concludere la pratica: chiudi gli occhi e riscalda le palme delle mani strofinandole tra loro, quindi, appoggiale delicatamente sulle palpebre per 20-30 secondi, finché i muscoli oculari siano rilassati, ripeti il palming se è necessario
  9. termina la pratica sollevando le mani dalle palpebre e aprendo lentamente gli occhi
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​Suggerimenti utili

La pratica di ​trataka può essere svolta quotidianamente e in qualunque momento della giornata, anche se le ore del crepuscolo e dell’alba sono le migliori, in particolare eseguire questo esercizio prima di andare a dormire è utile per conciliare il sonno. L'esecuzione di trataka può essere concepita come pratica a sè stante oppure inserita dopo asana, pranayama, mudra e bandha, questa tecnica, inoltre, può essere utilizzata anche come esercizio preparatorio per le altre meditazioni, in special modo per quelle che riguardano l’attivazione del sesto chakra.

Per una sessione di media lunghezza La durata può  variare a seconda dell'obbiettivo e del grado di esperienza del praticante, per una sessione di solito sono sufficienti 10-20 minuti, tuttavia il principiante è bene che inizi osservando la fiamma per un tempo che non superi il minuto, aumentando gradualmente i secondi via via che procede con l’allenamento. Se durante la meditazione la distrazione è in agguato, ogni qual volta perdiamo il focus riportiamo dolcemente l’attenzione sulla fiamma della candela, è un processo del tutto normale che allenerà la nostra pazienza e la forza di voltà e che nel tempo aumenterà la capacità di rimanere a lungo  cocentrati. 
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È consigliabile usare una candela che abbia un odore neutro, in modo da non creare distrazioni e mantenere la vista come canale preferenziale, solo se abbiamo appreso bene la tecnica possiamo abbinarla all’aromaterapia, utilizzando una candela profumata e coinvolgendo un secondo senso. La candela può essere sostituita con altri oggetti meditativi, come una luce a bassissima intensità (che non disturbi la vista), ma anche una foglia, un oggetto luccicante, un punto, la luna, una sfera di cristallo, lo shivalingam, la punta del naso, i nostri occhi allo specchio o quelli di un’altra persona, un’ombra e persino il vuoto. ​

​Oltre al metodo esterno o bahiranga, come quello calassico con la candela o altri oggetti, è possibile eseguire trataka usando il metodo interno o antaranga, che consiste in una visualizzazione ad occhi chiusi localizzata interiormente per lo più nell’area del terzo occhio, su uno specifico chakra o ancora su una divinità interiorizzata. La meditazione con la candela è una tecnica adatta a tutti, mentre alcune delle varianti esposte sopra sia con metodo esterno che interno sono più indicate per praticanti che abbiano già una certa dimestichezza con questa tecnica.

Controindicazioni

Eseguire questo tipo di meditazione tende a far affiorare pensieri seppelliti nel subconscio, si tratta di un processo positivo molto liberatorio, che aiuta a risolvere i conflitti interni e a ritrovare equilibrio, tuttavia in alcuni casi potrebbe turbare il praticante che si trovi ad affrontare uno stato di fragilità mentale, dunque, se stessimo attraversando un periodo particolarmente delicato a livello psicologico, eseguiamo trataka con la dovuta cautela, magari dopo averne parlato con il medico o lo specialista della mente che ci sta seguendo.
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​Per chi soffre di disturbi visivi correggibili con delle lenti, la pratica con la candela deve essere eseguita indossando gli occhiali o le lentine, mentre in caso di difetti della vista non corretti come un forte astigmatismo o in presenza di epilessia è bene sostituire la fonte luminosa con una fogliolina ferma o un punto scuro su fondo chiaro (non nero su bianco che risulterebbe troppo contrastato), in un ambiente che non sia al buio bensì illuminato da una luce di media intensità e stabile. Evitare assolutamente di praticare trataka guardando fonti luminose ad alta intensità, come lampadine o addirittura il sole, in quanto si possono subire danni permanenti alla vista. Chi soffre di cataratte o glaucoma dovrebbe escludere questa pratica dalla propria routine di meditazione.
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Benefici

  • rilassa gli occhi
  • rinforza i muscoli oculari
  • allena la concentrazione
  • libera la mente
  • accresce la forza di volontà
  • sviluppa la capacità di dominare i pensieri e le emozioni
  • stimola l’immaginazione creativa
  • allenta la tensione nervosa
  • contrasta l'insonnia
  • migliora la memoria
  • attiva Ajna Chakra
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Dhāraṇā, la concentrazione Yoga


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​Meditazione sull’imperfezione, andare oltre i difetti


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SOS! Non riesco a meditare - Ecco come fare


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Meditazione sull’imperfezione, andare oltre i difetti

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Oltre i difetti c'è di più

​Le nostre imperfezioni e quelle degli altri sono spesso motivo di rifiuto personale e da parte della società, per questo può capitare che si facciano largo sentimenti di vergogna, rabbia e dolore. Alcuni di noi sviluppano emozioni negative nei propri confronti che li portano a sentirsi brutti e indegni, altri si deprimono vedendo un mondo pieno di cattiverie e insensatezza, altri ancora sono spaventati o infastiditi da chi è diverso, per questo si possono instaurare comportamenti errati come l'isolamento o l'aggressività e l'emarginazione dei soggetti più fragili e delle minoranze. 

Purtroppo la maggior parte di noi fatica a convivere con le proprie imperfezioni e con quelle di chi ci circonda, tendiamo a fissarci su questi dettagli spesso poco significativi, perdendoci la vera bellezza e l'essenza delle cose. Ma poi, siamo sicuri che quello sia davvero un difetto? O magari lo vediamo così perché stiamo distorcendo la realtà o perché ce lo ha imposto la società? La verità è che siamo tutti imperfetti, i difetti sia quelli fisici che quelli caratteriali sono solo delle caratteristiche che fanno parte di ogni individuo e contribuiscono a renderlo unico. 

Essere diversi non è un difetto, così come possedere parti di noi che vanno fuori dagli standard può essere un punto di forza se armonizzato con la nostra persona. Imparare ad osservare senza giudicare è importante per migliorare la comprensione di sé e del prossimo, la capacità di cogliere le mille sfumature che compongono la natura umana: questo non significa negare la realtà, o condividere e giustificare dei comportamenti sbagliati, piuttosto ci aiuta a focalizzarci sulle parti migliori di ognuno di noi, facendoci vivere più serenamente.

​A seguire troverai le istruzioni per eseguire la meditazione sull'imperfezione, prima di iniziare scegli un posto tranquillo dove non verrai disturbato e siediti in una posizione comoda con la schiena con la schiena ben dritta.
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Meditazione sull'imperfezione.


  1. Chiudi gli occhi e focalizzati sul respiro nella zona del cuore, inspira ed espira solo dalle narici prolungando leggermente l'espirazione, quando sarai calmo e rilassato osserva qualche istante il tuo respiro senza più modificarlo
  2. visualizza un grande specchio di fronte a te sul quale si riflettano i tuoi difetti e i tuoi pregi, prova ad osservarli senza giudicarli, poi continua immaginando te stesso da piccolo e mentre ti abbracci ripeti al tuo bambino interiore "ti amerò con le tue imperfezioni”
  3. adesso comincia a visualizzare altre persone riflesse sullo specchio, inizia scegliendo qualcuno che conosci bene come i genitori o il partner sino a procedere con chi è più distante da te come un collega, il datore di lavoro o il vicino di casa, lascia che anche la loro immagine diventi quella di un bambino, abbraccialo e ripeti anche a lui la frase “ti amerò con le tue imperfezioni”noterai come si forma un sottile filo di connessione con il bambino interiore, un continuum tra te e gli altri.
  4. lascia andare piano piano le immagini e sosta nel tuo respiro naturale
  5. quando ti senti pronto apri lentamente gli occhi
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Perchè meditare sull'imperfezione

Questo piccolo esercizio sviluppa la tolleranza, permette di conoscersi in profondità, spinge a vedere le cose come stanno senza i filtri del pregiudizio e delle imposizioni sociali, per questo aiuta ad accettare meglio noi stessi e gli altri, alleviando la sofferenza psicologica, le pressioni a cui troppo spesso siamo sottoposti e l'aggressività che ne può scaturire.

Meditare sui difetti, a partire dai propri, è un buon punto d'inizio per riuscire a guardare oltre un naso storto o una testa troppo dura, in special modo sarà utile a rafforzare sentimenti positivi come l’autostima e l’empatia, ci aiuterà a smussare alcune ostilità del nostro carattere, ad amare noi stessi per quello che siamo, superando i limiti che ci imponiamo, così da vivere in maniera più libera e serena. 

Benefici

  • aumenta l’autostima
  • incrementa l’empatia 
  • sviluppa la tolleranza​
  • aiuta a non giudicare
  • allena la capacità di perdonare
  • regala una visione più ampia
  • insegna ad essere più gentili
  • fa cogliere l'essenza delle cose
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​Iniziare a meditare: cosa occorre


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SOS! Non riesco a meditare - Ecco come fare


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Tadasana, la posizione della montagna

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Stabili come una montagna

​Tadasana nello yoga è la posizione neutra in stazione eretta, tada significa montagna mentre asana postura, viene infatti tradotta letteralmente come posizione della montagna ed è così chiamata proprio perché ne incarna le qualità, esprimendo forza e stabilità. Questo asana è fondamentale poiché rappresenta la base di svariate posizioni in piedi, nonché il punto di inizio e di fine in molte sequenze, è spesso usato anche come posizione di riposo durante la pratica. Nell'Ashtanga Yoga Tadasana viene chiamata Samasthiti.
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Come eseguire Tadasana

  • assumere la posizione eretta, mantenendo le braccia lungo i fianchi a distanza di alcuni centimetri dal corpo con le mani aperte e rilassate
  • unire i piedi in modo che gli alluci si tocchino tra loro, distribuendo il peso uniformemente sulla pianta di entrambi i piedi
  • attivare leggermente i muscoli di gambe, cosce e glutei
  • contrarre leggermente l'addome per mantenere la colonna allineata
  • aprire il petto spostando lo sterno in avanti e rilassare le spalle allontanandole dalle orecchie
  • estendere il tratto cervicale spingendo dolcemente con il mento verso il collo 
  • Mantenere lo sguardo dritto proiettato in avanti e rilassare i muscoli del viso​
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Suggerimenti utili

Per avere maggiore stabilità si può eseguire la posizione con i piedi separati alla distanza delle anche, sollevare le dita dei piedi separandole tra loro e poggiarle nuovamente come a voler afferrare il tappetino, in modo da amplificare la sensazione di radicamento e giocare più facilmente con l’equilibrio. Nel caso di difficoltà nel mantenere la postura eretta sarà possibile eseguire la posizione usando una parete come supporto dietro alla schiena. 

Una variante di Tadasana prevede di sollevare le braccia verso l’alto con le mani giunte sopra la testa, in modo da formare una cuspide similmente al vertice di una montagna, lo sguardo può dirigersi verso le mani o essere proiettato in avanti, anche qui ricordiamoci di non sollevare le spalle e di seguire tutte le precedenti indicazioni. 
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​Tadasana è la posizione base anche quando vogliamo praticare il pranayama in piedi, dal momento che si presta bene sia per le respirazioni energizzanti che per quelle calmanti. Durante lo svolgimento di una sequenza particolarmente impegnativa per il praticante, Tadasana si rivela utile per concedersi una pausa, riprendere il ritmo naturale del respiro e calmare il battito similmente a quanto accade in Balasana nello svolgimento delle sequenze a terra. 

Lo sguardo è generalmente proiettato in avanti, tuttavia se si vuole procedere con una pratica più introspettiva è consigliabile spostarlo leggermente verso il basso. Per dare ulteriore enfasi all'aspetto meditativo abbassare le palpebre e dirigere lo sguardo sulla punta del naso oppure chiudere completamente gli occhi, variazione quest'ultima molto apprezzata e utilizzata.

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Significato della posizione

Tadasana esprime tutta la potenza imperturbabile della natura, rappresenta il nostro legame con la madre terra, quando la eseguiamo siamo naturalmente predisposti all’ascolto, in particolare quello interiore, qui possiamo focalizzarci sulle qualità che caratterizzano la montagna, essere pervasi da sentimenti di calma e stabilità e raggiungere un profondo stato di quiete, dove possiamo percepire un forte senso di radicamento e nel contempo l’energia vitale che, proprio come una sorgente di d'alta quota, fluisce nel nostro corpo. 

Se da un lato Tadasana ci ancora al suolo attraverso i piedi, dall’altro con la sua tensione verticale ci conduce verso la vetta: più la base sarà solida più saremo in grado di elevarci e di raggiungere la nostra meta. Eseguita correttamente e con costanza, questa posizione aiuta ad avere maggiore consapevolezza e a migliorare l'accettazione di noi stessi. Imparare a sostare nell’immobilità allena la pazienza e ci insegna a saper attendere, permettendo di tenere a bada l’impulsività e donadoci una maggiore chiarezza mentale nelle decisioni.

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Meditare in tadasana

​Tadasana è una posizione adatta alla meditazione, si può iniziare concentrando l'attenzione verso l’esterno per poi spostarla gradualmente verso l’interno sull’allineamento e sulla consapevolezza del proprio corpo nello spazio, da qui possiamo condurre il nostro focus verso un campo più sottile, osservando il respiro e il flusso del prana che attraversa il corpo dalla sommità alla base. 

In questa posizione possiamo percepire tutta la forza che è in noi e sentirci fermi e saldi come una montagna: per amplificare la sensazione di radicamento portiamo l'attenzione sulla base, dove ci focalizzeremo sullo scambio energetico con la terra e sul senso si appartenenza, per poi procedere verso l’alto sino a soffermarci sul vertice, punto di connessione con il cielo.

Un altro spunto proficuo è quello di portare il focus su pensieri positivi, come l’amore, la pace o qualche buon proposito, poi immaginiamo che fluiscano su di noi dalla sommità del capo sino ai piedi, lasciando che impregnino il nostro corpo e che risplendano come fossero acqua cristallina o neve. Allo stesso modo possiamo provare ad allontanare i pensieri negativi, facendoli scorrere dall’alto verso la base, e lasciare che la terra sotto i nostri piedi li assorba portandoli via.  
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Efficacia e controindicazioni

In genere non facciamo caso al corretto mantenimento della stazione eretta, alcune persone tendono a sostenere tutto il peso del corpo su una sola gamba, altre sui talloni o sulle punte, altre ancora sulla porzione interna oppure su quella esterna dei piedi, a lungo andare, però, questi atteggiamenti (congeniti o acquisiti) possono innescare o aggravare delle problematiche posturali influenzando negativamente la nostra vita, per farci un’idea generale osserviamo l'erosione della suola delle scarpe, essa sarà maggiore nel punto in cui tendiamo a scaricare di più il peso.

Tadasana migliora la postura dal momento che allena la propriocezione, essa favorisce l'attenzione su specifiche parti del corpo,  gruppi muscolari o organi, permettendoci di esplorare l’equilibrio e di studiarne il rapporto con la forza di gravità attraverso l’allineamento delle articolazioni e lo spostamento del baricentro. Essa svolge un leggero effetto tonificante su gambe, piedi, glutei e addome. 

Tadasana è una posizione che 
stabilizza la mente e infonde fiducia, in questa posizione il diaframma e il torace sono nell’assetto ideale affinché il respiro risulti fluido e regolare cosicché anche il cuore possa ritrovare il suo ritmo naturale e la mente possa rasserenarsi. ​Fermarsi in questa posizione portando l’attenzione al respiro può essere particolarmente efficace per riassestarsi nei momenti più stressanti della giornata, se praticata la sera prima di dormire o durante un risveglio notturno aiuta a contrastare l’insonnia. Sebbene questa posizione sia connessa principalmente a Muladara, il chakra della radice, è utile per bilanciare e armonizzare tra loro tutti i principali sette chakra.

Per eseguire questa posizione non sono richieste particolari abilità, se non quella di poter mantenere la stazione eretta, essa pertanto non presenta particolari controindicazioni, a meno che non si soffra di pressione molto bassa, problemi a carico delle articolazioni o comunque si riveli dannoso stare in piedi per un qualsiasi altro motivo.
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Benefici

- migliora la postura
- migliora l’equilibrio 
- allinea la colonna vertebrale
- favorisce l’ascolto
- migliora la propriocezione
- allena la concentrazione
- dona calma e stabilità
- allontana lo stress
- contrasta l’annebbiamento mentale
- sviluppa la consapevolezza
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Savasana la posizione della rinascita


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Natarajasana, la posizione di Shiva il signore della danza


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SOS! Non riesco a meditare - Ecco come fare

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Trovare il tempo

La vita moderna ci costringe a barcamenarci tra mille impegni: famiglia, studio, lavoro e rapporti sociali riempiono le nostre giornate, così resta poco spazio per noi stessi e per la nostra felicità, mentre prendono il sopravvento rabbia e stanchezza, in questo modo arriviamo puntualmente a fine mese malconci e insoddisfatti, schiacciati dalla quotidianità e dal peso della nostra piccola armatura. Spesso, infatti, nonostante i tentativi di migliorare la propria condizione, i risultati tendono a scarseggiare, generando ulteriore frustrazione.

Con queste premesse le lusinghe della meditazione ci appaiono come un miraggio lontano e stare fermi a meditare sembrerà solo una perdita di tempo. La meditazione in realtà può rappresentare un valido aiuto per trovare il nostro equilibrio a patto che si proceda nel modo corretto, concedendo a noi stessi la giusta cura. Ma quanto tempo e impegno occorrono per ottenere dei benefici attraverso la meditazione?

​Poco. 
Meditare è un'azione semplice che può richiedere anche solo pochi minuti al giorno. A prescindere dal Samādhi (il fine ultimo della meditazione), la pratica abituale non tarderà a regalarci i suoi effetti positivi, confermati abbondantemente anche dalla scienza, che negli ultimi anni ha condotto diversi studi grazie all'interesse crescente sull'argomento.
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Imparare a meditare

Per intraprendere l'arte della meditazione occorrerà innanzitutto trovare un angolino tranquillo dove sistemarsi in una posizione confortevole. Se siamo alle prime armi o siamo incostanti, è bene scegliere una pratica semplice e breve, meglio iniziare con pochi minuti, anche solo cinque o dieci possono bastare.

La scelta del luogo è importante, troviamo un ambiente
appartato e silenzioso, che ci faccia sentire a nostro agio, allontaniamo eventuali fonti di distrazione dall'area stabilita, come dispositivi rumorosi e che non servono al nostro fine, spegniamo il telefono o almeno silenziamo suonerie e notifiche. Trovato il luogo, scegliamo la nostra la posizione: possiamo scegliere un asana yoga adatto alla meditazione oppure semplicemente sederci, l'importante che siamo comodi e riusciamo a mantenere la schiena ben dritta senza sforzarci.

A questo punto chiudiamo gli occhi e focalizziamoci sul respiro e iniziamo la nostra pratica, se i pensieri continuano a sfrecciare e ad accavallarsi, proviamo ad osservarli in maniera più distaccata, senza giudicarli, come se li guardassimo dall'esterno: lasciamoli andare, facciamoli fluire liberamente sino ad ignorarli. Riuscire a instaurare la 
giusta concentrazione non è facile all'inizio, se non riusciamo a mantenere la mente ferma, non dobbiamo pensare di essere inadatti e desistere, ciò è perfettamente normale.

​Quando meditiamo può capitare di sperimentare delle sensazioni fuori dal comune, di solito molto gradevoli e rilassanti, in alcuni casi, tuttavia, esse possono rivelarsi meno piacevoli, farci sentire a disagio e persino indurre il pianto. Anche questo è normale, accade perché durante la pratica entriamo in contatto con la parte più intima di noi stessi, per questo possono emergere parti sommerse della nostra psiche, paure e pensieri scomodi, insieme a immagini ed emozioni seppellite nel subconscio, ma non c'è da preoccuparsi, è il nostro io che si vuole liberare da tutto ciò che lo imbriglia e appesantisce.
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Come ottenere i benefici della meditazione

Il segreto è rendere la meditazione una routine, gli ingredienti base sono una corretta gestione del tempo e la costanza: è fondamentale ritagliarsi un piccolo spazio quotidiano e renderlo sacro, con l'esercizio riusciremo ad ignorare i capricci della mente e a superare i blocchi, usufruendo appieno del potere benefico della meditazione. Per riuscire ad essere costanti bisognerà dare priorità a quei dieci minuti, porli al di sopra di ogni cosa, per questo il consiglio è di praticare la mattina appena svegli, in modo da non essere disturbati e non avere scuse che ci facciano rimandare questo momento speciale dedicato a noi stessi.

​La 
meditazione praticata correttamente dona maggiore equilibrio, migliora il modo in cui affrontiamo gli ostacoli quotidiani e ci rimette in contatto con il nostro vero sé, essa crea le premesse per scovare quello spazio interiore sommerso, incoraggiandoci a eliminare il superfluo per ritrovare leggerezza e lucidità. È bene tenere presente che, sebbene di norma i benefici superino di gran lunga le controindicazioni, in alcuni casi di forte e persistente disagio psicologico è consigliabile chiedere il parere di un esperto prima di intraprendere le pratiche meditative. 
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Meditare allena la concentrazione, la capacità di osservazione e l'uso dell'intuito, seda l'impulsività, aiuta a rimanere imparziali nei giudizi, a capire e gestire le emozioni: in poche parole permette di conoscere meglio noi stessi e allo stesso tempo di sviluppare più empatia verso l'altro. Con la pratica entreremo sempre più in contatto con il nostro lato spirituale, impareremo a muoverci meglio nell'intricata selva della vita, aumentando la nostra capacità di amare e armonizzando la nostra esistenza all'interno dell'ambiente in cui viviamo.

Non dimentichiamo però che, sì, per meditare basta poco, ma anche che per ottenere dei benefici concreti a lungo termine ci vuole tanta costanza, quindi, meglio meditare un paio di minuti ogni giorno che un'intera giornata una volta l'anno.
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Image by shixart1985, homethods, ​shixart1985
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Iniziare a meditare: cosa occorre


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L'enstasi del Samādhi dello Yoga

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Che cos'è il ​Samādhi?

Samādhi significa unire, fondere, letteralmente mettere (dha) insieme (saṃ), rappresenta l'ultimo stadio degli otto passi dello Yoga e indica lo stato di enstasi a cui si può accedere tramite Dhyana, la meditazione.

​Gli ultimi quattro passi rappresentano una serie di livelli contigui in stretta connessione tra loro: si procede da Prathyahara (il ritiro dei sensi) verso Dharana (la concentrazione) e Dhyana (la meditazione) sino a giungere al Samadhi (lo stato di unione). 
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Questo procedere interconnesso verso lo stato di unione è come un fiume che salta in cascata per confluire in uno specchio d'acqua pura, dove ogni singola goccia si congiunge in un lago di pace e consapevolezza. 
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Il significato di enstasi 

Enstasi è un termine relativamente recente, coniato per la prima volta dal grande orientalista e storico delle religioni Mircea Eliade, proprio per indicare lo stato che si sperimenta durante il Samadhi. Nel terzo libro degli Yoga Sūtra di Patañjali esso viene definito come la condizione di unione totale, "quando nient'altro che l'oggetto rifulge in quell'assorbimento meditativo e quando la mente è per così dire vuota della sua forma propria". A prima lettura potrebbe sembrare qualcosa di complesso e mistico, ma nelle prossime righe cercheremo di capire meglio questo concetto e di renderlo più familiare.

​In sintesi l'enstasi è lo stato di unione con l'oggetto della meditazione, quando, cioè, dopo esserci focalizzati stabilmente su qualcosa, distaccandoci da tutti i pensieri e dagli stimoli esterni, anche la nostra identità personale svanisce per lasciare spazio a questa fusione tra oggetto e soggetto meditante.

​A differenza della più nota e-stasi, che indica 
l'essere fuori di sè, ovvero le esperienze di evasione dalla realtà e di rapimento mistico, l'en-stasi descrive lo stare in se stessi, definisce, perciò, il raccoglimento spirituale, il viaggio verso l'interno e rappresenta una profonda esperienza interiore, che non rifugge la realtà ma la contempla. Sperimentandola facciamo un tuffo dentro la natura più intima delle cose, ci immergiamo nella loro essenza sino a fonderci con essa.
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A tal proposito il maestro Iyengar afferma che questo stato "[...] è l'attimo in cui l'oggetto si dissolve nel soggetto e il soggetto dimentica se stesso", nel Samadhi, infatti, pur abbandonando tutte le sovrastrutture e persino la nostra identità, in qualche modo rimaniamo sempre consci e consapevoli. Ed è nel Samadhi che possiamo essere totalmente liberi, spogliandoci sino all'essenza, laddove la ricettività diventa massima e c'è più spazio per la consapevolezza e la conoscenza profonda delle cose, in un certo senso si ritorna al seme e poi oltre, quando tutto è potenza, unione, possibilità di divenire.
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Come raggiungere il Samādhi

Spesso abbiamo grandi aspettative su quest'ultimo gradino dello Yoga, siamo presi dalla foga di conquistarlo e per questo proviamo a forzare il processo, a stabilire delle regole, in modo da rendere l'esperienza sempre ripetibile, ma seguire questa strada risulta per lo più controproducente allo scopo, venendo meno la sua essenziale naturalezza.

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Ciò non vuol dire che non possiamo fare nulla per raggiungere il tanto agognato stato di unione, si tratta, infatti, di un meccanismo spontaneo, che accade, però, solo nel momento in cui si instaurano i  presupposti perché avvenga.

​Esiste, dunque, una strada maestra per avviarci al traguardo, e questa via consiste proprio nel creare le giuste premesse. Un ottimo metodo per soddisfare tali premesse si realizza percorrendo tutti gli otto passi dello Yoga, imparando ad abbandonarci nella quiete, a sostare nella concentrazione e a meditare con costanza, prima o poi sperimenteremo questo stato in maniera del tutto naturale. ​

Se vuoi scoprire di più
anche sugli altri passi torna a


​
Otto passi dello Yoga

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Dhāraṇā, la concentrazione Yoga

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Dhāraṇā è il sesto degli otto passi dello Yoga e indica lo stato di concentrazione che precede la meditazione. ovvero la capacità di focalizzare l'attenzione in un'unica direzione a nostra discrezione. Il termine deriva dalla radice sanscrita dhr che significa "tenere stretto" e definisce proprio l'azione del mantenere il focus fisso su qualcosa, che può essere un particolare punto, una regione dello spazio o un segmento di pensiero sulla quale vogliamo dimorare. Dhāraṇā descrive, dunque, l'atto del soffermarsi sull'oggetto fisico o immateriale della nostra meditazione: Dhāraṇā è l'attenzione focalizzata. 
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​Spesso si crea un po' di confusione tra Dhāraṇā  e Dhyana, che sono dei livelli strettamente contigui, ma differenti: mentre il primo indica l'atto del concentrarsi, nel secondo caso stiamo parlando della vera e propria meditazione. Dhāraṇā è il momento in cui incanaliamo la mente verso il punto prescelto, l'attimo in cui stabiliamo il primo contatto con l'oggetto della meditazione, escludendo tutto il resto dalla nostra attenzione, grazie anche allo stabilirsi del precedente stato di  Pratyahara, il ritiro dei sensi.

​La concentrazione, infatti, non è un blocco uniforme, piuttosto uno sfumare di intensità, un crescendo di piccoli equilibri che ha inizio nel momento in cui portiamo la mente ad applicarsi su qualcosa, prosegue con il tentativo di allontanare tutti gli elementi che disturbano l'attenzione, come pensieri e stimoli ambientali, e finisce nell'istante in cui la concentrazione è massima e non subisce distrazioni, creando a questo punto le premesse per lo stadio successivo. Infatti, quando la concentrazione è ormai stabile e perdura senza più vacillare subentra automaticamente
Dhyana, la meditazione, un flusso ininterrotto di consapevolezza. 

Se vuoi scoprire di più
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Otto passi dello Yoga

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Mandala, raccogliere l'essenza dell'universo in un cerchio

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Geometrie cosmiche

​Il Mandala è un'affascinante struttura di forma circolare, composta da figure geometriche, spesso coloratissime, dal forte valore simbolico. La parola, di derivazione sanscrita, ha origini dibattute, generalmente si riconduce al significato di “cerchio”, ma in un’altra possibile etimologia vuol dire “raccogliere l’essenza”, mentre nell’area tibetana e nel Buddismo viene intesa nella sua accezione di “centro”. Il Mandala è un’immagine ricorrente nella simbologia dell’Oriente, dove in base al luogo assume differenti nomi e si lega a diversi rituali, rimanendo, tuttavia, sempre fedele al suo significato originario.

​Il Mandala esprime una rappresentazione stilizzata dell’universo: le matrici concentriche, che si succedono aprendosi a corolla, ricalcano le geometrie e il dinamismo cosmico con i suoi processi di trasformazione e il passaggio tra le varie dimensioni della coscienza, l’annichilamento e la rinascita. Esso è espressione dell’immensamente grande e nel contempo dell’infinitamente piccolo, tanto che nella sua struttura, frammentata ma unitaria, è riconoscibile un rimando al microcosmo, alle particelle costitutive e agli atomi.
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Mandala e rituali

Oggetto di numerosi rituali, il mandala, rappresenta uno spazio sacro teofanico, luogo della comunicazione tra cielo e terra, tra umano e divino. Per lo yogin il mandala diviene un vero e proprio strumento di meditazione, yantra e diagrammi mistici sono un mezzo per raggiungere la profondità enstatica. Visualizzare o contemplare queste geometrie favorisce l'ingresso nello stato meditativo, la struttura concentrica, infatti, aiuta la concentrazione, l’accentramento e porta all’interiorizzazione dei suoi simbolismi di vita e di morte. Anche la forma mandalica dei chakra è perfetta per meditare e dà il via ad un’ulteriore riflessione sul corpo fisico e sottile.

Nel rituale tantrico d’iniziazione si succedono diverse cinture concentriche da percorrere, a partire da un fuoco esterno, che fa da barriera e brucia l’ignoranza, si attraversano le fasce dei cimiteri e delle divinità terrificanti, sino ad arrivare al centro, dove vi sono le immagini benefiche degli dei. Questa struttura labirintica richiama l’aldilà, il discepolo che vi penetra discende agli inferi per poi risorgere al centro, all'interno supera delle prove, è protetto, idealmente vi muore, abbandonando la sua vecchia vita, per rinascere ed essere iniziato ad un nuovo cammino spirituale. Questo abbandono metaforico esprime magnificamente il concetto di 
Vairāgya, il non attaccamento.
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A tal proposito è mirabile la spettacolare Dul-tson-kyil-khor, cerimonia Buddista della costruzione dei mandala, dove i monaci, a partire da alcuni modelli simbolici, ricreano spettacolari geometrie su delle piattaforme lignee consacrate, dove è impresso il disegno preparatorio di base. Cospargendo finissime sabbie colorate sulla superficie del piano con l’ausilio delle chak-pur, le caratteristiche cannucce dorate, realizzano granello dopo grenello il mandala. L’operazione, che dura diversi giorni, richiede concentrazione, pazienza e dedizione assoluta.

​Alla fine il monaco distrugge il bel frutto del suo impegno per imparare a lasciar andare le cose della vita, le sabbie poi vengono in parte distribuite ai presenti e in parte liberate in fiumi e ruscelli in segno di benedizione. Ore e ore di intenso e minuzioso lavoro terminano con la distruzione dell’opera a simboleggiare la caducità di tutte le cose del mondo. 
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Image by S C Hargis Photography
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Energia in movimento, una danza che piace alla scienza


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Iniziare a meditare: cosa occorre

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Per iniziare a meditare non serve molto, basta scegliere un luogo tranquillo, dove non saremo disturbati, sedersi in una posizione comoda e iniziare ad esercitarsi. Le posizioni per meditare sono svariate, devono essere stabili e comode in modo da favorire la concentrazione a lungo termine, per questo di norma si predilige la posizione seduta, ma esistono alcune pratiche che si svolgono da sdraiati, come in Yoga Nidra, altre addirittura in piedi, come nel caso della meditazione camminata.

​Lo Yoga ci suggerisce diversi a
sana appropriati per la meditazione, considerati adatti a sorreggerci ben dritti per lunghi periodi e favorire l'instaurarsi dell'attenzione focalizzata,  indispensabile per accedere allo stato meditativo. Purtroppo, non sempre risulta facile utilizzare tali indicazioni ed è possibile riscontrare difficoltà a restare comodi in una di queste pose, a volte per questioni anatomiche, altre volte più semplicemente per mancanza di allenamento, ma non dobbiamo demoralizzarci, basterà provare a trovare la posizione a noi più congeniale o ad adattarla alle nostre esigenze.
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Degli strumenti utili a questo fine possono essere un bel tappeto morbido, dei cuscini o lo zafu (pouf da meditazione), ma possiamo utilizzare anche semplicemente una sedia, uno sgabello, persino la nostra poltrona preferita e il divano saranno ben accetti, l'importante è cercare di mantenere il più possibile la colonna vertebrale eretta. Possiamo decidere di praticare ovunque, se ci troviamo fuori e vogliamo meditare troviamo un angolo appartato e tranquillo, per le nostre meditazioni all'aperto una grande pietra o un albero saranno dei compagni perfetti .
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Per rendere gli ambienti interni più sereni e armoniosi possiamo abbassare le luci, creare un altarino dove posizionare decorazioni, immagini o rappresentazioni di simboli rasserenanti, spargere fragranze attraverso candele, rametti di palo santo, incenso, erbe e oli essenziali, di cui sceglieremo le declinazioni che favoriscano la concentrazione e quelle con potere calmante ed equilibrante, come il rosmarino,  la mirra e la lavanda, che con il loro profumo assicureranno maggior rilassamento e concilieranno l'attenzione sull'oggetto della nostra meditazione.

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Accendere qualche candela è una mossa vincente. Le candele con la loro luce soffusa rendono l'atmosfera più calda e suggestiva, riposano gli occhi e rendono i contorni più morbidi e sfumati, così saremo meno distratti da ciò che ci circonda. Inoltre è possibile svolgere anche degli esercizi meditativi, come trataka, una meditazione che si esegue proprio focalizzando lo sguardo sulla fiamma di una candela.
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Un altro elemento che può servire durante le nostre pratiche è il Japamālā, una collana composta da grani simile ad un rosario, utile a mantenere il ritmo e il conto nella recitazione dei mantra e in alcune respirazioni. Anche qui possiamo sbizzarrirci nella scelta dei materiali: legno, semi, pietre e metalli nella cultura yogica possiedono diverse proprietà che possono essere accordate all'argomento della nostra meditazione, ad esempio abbinate ad un chakra sui cui ci vogliamo soffermare.
Infine, consiglio sempre di tenere accanto a sé una copertina (o un indumento coprente), non è raro che con il procedere della pratica meditativa la temperatura corporea possa abbassarsi per via dello stato di rilassamento profondo in cui entra l'intero organismo, averla nei paraggi può risultare utile nel caso sentissimo freddo.

Adesso che sappiamo cosa occorre per meditare è l'ora di passare ai fatti scegliendo la pratica giusta: una volta che ci siamo sistemati e ci sentiamo comodi, possiamo socchiudere gli occhi oppure abbassare completamente le palpebre e iniziare la nostra meditazione.
Image by ​shixart1985, storebukkebruse, Me in ME, sha_junglii
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SOS! Non riesco a meditare


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    ​Rosa Beltrami

    Founder di Wonderflow Yoga, ha una laurea in comunicazione visiva, ama follemente il suo pianeta e, ovviamente, lo Yoga!

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