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Che cosa significa SantosaSantosa o Santosha (in sanscrito: संतोष, saṃtoṣa) è il secondo dei cinque niyama, i precetti etici personali descritti nello Yoga Sūtra di Patanjali, un testo fondamentale per il sistema filosofico dello Yoga. Il termine deriva dalla radice sanscrita saṃ- (insieme, pieno, completo) e tuṣ (accontentarsi, essere soddisfatto) e può essere tradotto semplicemente come appagamento o contententezza. Tuttavia, questa parola non si limita a indicare una semplice emozione momentanea o uno stato passeggero dell’animo, piuttosto rappresenta una condizione interiore stabile, il risultato di un equilibrio emotivo e psicologico conquistato giorno per giorno, per questo Santosa può essere definita come l’arte della felicità dello Yoga. Si tratta di uno dei principi più affascinanti della filosofia yogica, preso in prestito e poi sviluppato da molte altre tradizioni, che invita a godere delle piccole cose e a sviluppare la capacità di accogliere le esperienze della vita, coltivando una gratitudine profonda e sincera. Santosa è quindi una pratica attiva che trascende l'accettazione passiva delle circostanze, invitando alla consapevolezza e al riconoscimento del valore intrinseco di ciò che ci circonda e di quello che già si possiede. In un contesto più ampio, il concetto di contentezza si collega a valori come la semplicità, l’umiltà e il rispetto per il momento presente, qualità essenziali per raggiungere una condizione di pace interiore e realizzazione personale autentica e duratura. Dalle origini ai nostri giorniLe radici di Santosa risalgono nel periodo tra 1500 e 500 a.C. quando emerge nel contesto della filosofia vedica e successivamente nello Yoga. Le scritture vediche sottolineano spesso l’importanza del distacco dai desideri materiali (vairagya) e della contentezza come qualità necessaria per avvicinarsi alla verità (satya) e alla liberazione. Nel sistema filosofico del Samkhya, una delle sei scuole ortodosse dell’induismo da cui lo Yoga deriva alcune delle sue basi teoriche, Santosa rappresenta una virtù essenziale per superare le distrazioni dell’ego (ahamkara) e rimanere focalizzati sull’essenza dell’essere (purusha). Successivamente, nei testi post-vedici come le Upanishad (800-300 a.C.), l’idea di Santosa è collegata alla rinuncia interiore (sannyasa) e alla scoperta della felicità attraverso la connessione con il Sé interiore. L’idea di contentezza come pratica spirituale non è esclusiva della tradizione yogica, infatti, in molte culture e tradizioni filosofiche si ritrovano concetti analoghi, ad esempio nell’antica Grecia, il termine ataraxia descriveva uno stato di imperturbabile serenità e appagamento simile a Santosa, mentre nella tradizione buddhista, il concetto di santutthi si riferisce a una condizione mentale libera dall’avidità e dai desideri materiali che dona la vera soddisfazione, o ancora nella cultura taoista, l’idea di vivere in armonia con il Tao e di accettare il flusso della vita richiama la pratica yogica dell'accontentarsi. Santosa ha continuato ad influenzare filosofie antiche e contemporanee lo troviamo con eccezionali affinità tra i pilastri dell’Ikigai e nell’approccio moderno delle filosofie ecologiste e sotenibili. Con l’espansione del pensiero yogico durante l’era medievale, testi come la Hatha Yoga Pradipika (XV secolo) e la Gheranda Samhita (XVII secolo) hanno incluso Santosa come parte integrante delle pratiche per il raggiungimento dell’equilibrio fisico e mentale. Questo ha posto le fondamenta per l’evoluzione moderna di questo principio, che si è scostato dalla mera pratica spirituale per ritagliarsi un ruolo di spicco nel campo del benessere psicologico. Santosha oggi viene reinterpretato indipendentemente dalle tradizioni religiose in chiave laica e funzionale, nelle pratiche di mindfulness, crescita personale e sempre più spesso integrata negli approcci terapeutici che pongono l’accento sulla consapevolezza e sul raggiungimento del benessere psicologico. Il SutraQui sotto è riportato il passo che riguarda Santoṣā tratto dallo Yoga Sūtra di Patanjali: संतोषादनुत्तमः सुखलाभः 2.42 santoṣād anuttamaḥ sukha-lābhaḥ Traduzione santoṣāt: accontentarsi, appagamento anuttamaḥ: supremo, insuperabile sukha: felicità, benessere, agio lābhaḥ: acquisizione, guadagno Dall’appagamento si palesa agio (sukha) senza pari. [F. Squarcini(a cura di), Patañjali, Yogasūtra, Giulio Einaudi editore, Torino, 2015] Significato Dall’accontentarsi deriva l’acquisizione di una felicità suprema, duratura e profonda, il vero appagamento non deriva da fattori esterni, ma da un atteggiamento interiore di accettazione e gratitudine. Santosa nella vitaNel mondo contemporaneo, il concetto di Santosha può offrire una via per trovare gioia e soddisfazione nella vita quotidiana, percorribile da chiunque lo voglia, la strada verso una felicità stabile e profonda. Le applicazioni di questo principio sono variegate, insegnano a dare il giusto valore alle cose, alle persone e agli eventi e a coltivare un approccio consapevole verso l’esistenza e la realtà che ci circonda. Santosa, infatti, invita ad accontentarsi, a non lottare costantemente contro le circostanze esterne o per ottenere di più, ma ci invita ad accogliere gli eventi e a sviluppare una resilienza emotiva che permetta di accettare le situazioni così come sono. Questo può apparire come un atteggiamento pigro e rinunciatario, tuttavia non si tratta di un accettazione passiva, bensì di una scelta libera e consapevole che non implica apatia e sottomissione, ma esplica la capacità di vivere senza essere sopraffatti da aspettative irrealistiche e frustranti. Applicare Santosa si rivela una sfida nel contesto della vita moderna, caratterizzata da ritmi accelerati e da un consumismo pervasivo, ma è anche un'opportunità per ripensare il nostro modo di vivere per raggiungere uno stato di maggiore pienezza e appagamento. Il bene e il male rappresentano due facce della stessa medaglia, ogni giorno entriamo in contatto con questi due opposti, pertanto risulta difficile nutrire un sentimento positivo a lungo senza che venga compromesso. Santosha a tal scopo invita ad allenare il sorriso interiore, a soffermarsi per scoprire l’unicità in ogni cosa, ad andare in profondità sino all’essenza, dove anche la dualità risulta più sfumata. Ciò non significa rifiutare gli aspetti negativi della vita, semmai accogliere la complessità della realtà nella sua interezza per trarne nuova linfa e consapevolezza e quando possibile cogliere nelle avversità opportunità di crescita. Sebbene sembri un traguardo irraggiungibile la contentezza non è un bene di lusso, possiamo trovarla nel verde di una foglia, nel tepore di un raggio di sole, nello sguardo selvaggio di un animale, nella meraviglia di un bambino, nella saggezza di una ruga, in un gesto gentile, in un sorriso casuale, in un sapore sorprendente o in un odore familiare, basta saperla scovare. La felicità, infatti, non è dovuta né piove dall’alto, non richiede nemmeno grandi affanni o strabilianti conquiste né risiede nel successo, ma è la volontà di guardare oltre, una scelta consapevole che si fa giorno per giorno, in ogni singolo istante. Coltivare il momento presente è un antidoto alla frenesia moderna, che riporta l’attenzione sull’essenziale e sull’istante che stiamo vivendo. Spesso, infatti, per ricercare la felicità ci rifugiamo nei ricordi o al contrario restiamo sospesi in attesa che qualcosa di bello accada più in là, divenendo ciechi nei confronti di ciò che sta già fiorendo e perdendoci le occasioni migliori, ignari dei piccoli doni sparsi lungo il nostro cammino. Rinunciando a vivere nel presente rinunciamo di fatto a vivere. Santosha si radica nell’idea che la vera felicità non si trovi nel passato o nel futuro, ma nel qui e ora, ovvero nella nostra capacità di accogliere il presente con gratitudine e serenità, liberandoci da quello stato di perenne insoddisfazione che accompagna la nostra esistenza e aiutandoci a percepire la felicità istante per istante. Fare le cose con presenza mentale prendendoci il tempo necessario ci permetterà di vivere il momento con maggiore intensità e di dare il giusto valore alle cose. Possiamo applicare questo principio portando amore e intenzionalità nelle azioni semplici, cucinare, leggere, disegnare, gustare una tazza di tè, fare una passeggiata, svolgere un lavoro, assumeranno una prospettiva diversa e più profonda. La pratica della gratitudine è uno dei modi più genuini per realizzare Santosha, uno strumento semplice e alla portata di tutti che aiuta a riconoscere e apprezzare le piccole gioie quotidiane, riducendo il focus su ciò che manca e portandolo verso ciò che riempie la nostra esistenza. Studi psicologici confermano che la gratitudine può migliorare significativamente il benessere mentale, riducendo ansia e depressione, la ricerca condotta dal Greater Good Science Center presso l'Università della California, Berkeley, ha dimostrato che le persone che coltivano regolarmente la gratitudine tendono a essere più felici, meno stressate e più resilienti di fronte alle difficoltà. Un metodo semplice per sviluppare la contentezza è la stesura di un diario della gratitudine, in cui annotare quotidianamente le piccole cose belle che incrociamo nell’arco della nostra giornata: mettere nero su bianco oggetti, gesti, parole, incontri, eventi e condizioni che ci regalano positività aiuta a renderci conto di quanto elementi apparentemente insignificanti siano sorprendentemente in grado di arricchire la nostra vita. Allenare la gratitudine è un ottimo esercizio per contrastare la tendenza naturale della mente a focalizzarsi sulle difficoltà e concentrarsi, invece, sugli aspetti positivi, e accrescere, così, la consapevolezza, la compassione e il livello di soddisfazione. Santosa promuove l’ascolto, l’attitudine ad osservare senza giudicare, esenti dai pregiudizi o dal desiderio di controllo. Riconoscere il lato bello nelle persone è un atteggiamento che conduce a una maggiore empatia verso se stessi e verso il prossimo e che a lungo andare accresce la capacità di rapportarsi agli altri in maniera sana e positiva, favorendo uno stato di serenità emotiva. Questo non vuol dire accettare atteggiamenti negativi o sottomettersi al volere altrui, semmai discernere con chiarezza tutta la gamma dell’espressività umana, elaborare un senso critico costruttivo, prendere decisioni responsabili, al fine di creare relazioni interpersonali più autentiche e armoniose. In quest’ottica è possibile sviluppare Santosha anche in ambito professionale, ciò significa imparare a scorgere le potenzialità nascoste nei compiti che stiamo svolgendo, effettuare scelte consapevoli in linea con i propri valori, accogliere le responsabilità con più fiducia, focalizzandosi sui risvolti positivi e sulla crescita personale, cosicché la soddisfazione intrinseca per il lavoro svolto diventa di fatto un motore più potente delle ricompense materiali, permettendoci di godere appieno degli obiettivi raggiunti, evitando il burnout e aumentando l’autostima. Santosa ci invita ad essere contenti di ciò che si è non per ciò che si ha. Secondo la Harvard Business Review le persone che scelgono di semplificare la propria vita riferiscono una maggiore senso di soddisfazione e di controllo sul proprio destino, Santosa si radica proprio nell’idea che la vera felicità non è il risultato della quantità di cose che facciamo o possediamo, incoraggiando un'esistenza piena, dove il valore non risiede nell'accumulo di beni o nella soddisfazione immediata dei desideri, ma nell’equilibrio interiore. Movimenti come lo Slow Living e il Minimalismo, offrono una visione contemporanea per tradurre il concetto di Santosa in uno stile di vita orientato al benessere e alla sostenibilità. Lo Slow Living si concentra sulla riscoperta di un ritmo di vita più lento e intenzionale, dando priorità a ciò che conta davvero, parallelamente il minimalismo promuove la riduzione del superfluo, per investire in relazioni ed esperienze di qualità anziché nel possesso di oggetti. Nell'ambito dello Yoga, questa semplificazione può essere vista come una forma di vairagya (distacco) e aparigraha, un precetto che incoraggia a lasciar andare, in linea con Santosha, che invita a rallentare per scorgere la vera ricchezza in ciò che ci circonda. In un mondo sempre più complesso e in rapido cambiamento, riscoprire la semplicità e il valore del tempo non è solo un atto di benessere personale, ma implica una connessione più profonda con la natura e con la comunità, contribuendo a una visione della vita più consapevole, appagante e sostenibile. Leggi anche I commenti sono chiusi.
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