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Che cosa significa Satya Satya è un termine che deriva dal sanscrito e si traduce come verità. Secondo la filosofia Yoga rappresenta il secondo dei cinque Yama, le norme etiche che lo yogin dovrebbe osservare lungo il suo cammino. Sat è una radice che troviamo in molte espressioni della cultura indiana, ad esempio nella parola sattva “puro” o nel mantra Sat Nam che significa “vera identità”. Sat rappresenta tutto ciò che è vero, reale ed esistente pertanto nella sua accezione piú alta può esprimere il principio universale o l’essere supremo. La verità è un tema molto amato dai pensatori di tutti tempi, tanto che rappresenta un elemento chiave anche nella filosofia occidentale, abbracciando un'ampia gamma di significati che riguardano concetti e valori fondamentali quali la conoscenza, la realtà, l’onestà, l'equità, la purezza, la natura delle cose, il bene e la divinità. Dalle origini ai nostri giorni Il concetto di satya è già centrale nella letteratura vedica, esso costituisce l’essenza della realtà e senza di esso non può esistere nulla, a partire dai Veda il significato della parola si evolve, oltre a coincidere con l'essere supremo, ovvero il Brahaman, assume uno spiccato valore etico, divenendo una vera e propria virtù con la valenza di onestà e rettitudine. Nelle Upanishad, infatti, la verità viene espressa anche come giustizia superiore e rappresenta una forza che trionfa sempre sulla falsità, una qualità che conduce al benessere degli esseri viventi. Nello Yoga Sutra è più evidente l’importanza di tradurre satya in azione, la verità diviene una qualità che va coltivata e che deve riflettersi nel proprio comportamento al fine di cogliere i frutti e raggiungere la liberazione. Anche secondo il Buddismo la verità è un mezzo salvifico: le Quattro Nobili Verità conducono all'estinzione della sofferenza attraverso la conoscenza e l’azione, mentre nel Jainismo satya rappresenta il secondo dei 5 voti pronunciati dai monaci, in quanto ha il potere di eliminare la sofferenza, causata dalla menzogna generata dalle passioni. Il concetto di verità nel corso della storia si è esteso presto anche in ambito civile, essendo un elemento fondante anche per la costituzione delle leggi e coincidendo con i significati di onestà e giustizia. Nella prima metà del 1900 in India il Mahatma Gandhi elaborò il concetto di satyagraha, unendo i primi due Yama, satya (verità) e ahimsa (non-violenza), che si traduce nella resistenza all'oppressione tramite la disobbedienza pacifica. La ricerca della verità aiuta a riconoscere ciò che è bene e a saper mettere da parte le proprie convinzioni nel caso siano errate, questo favorisce il dialogo e la risoluzione dei conflitti, è stato anche grazie all’applicazione di questo principio che l’India ha ottenuto l’indipendenza nel 1947. Il Sutra
Qui sotto riportiamo il passo tratto dallo Yoga Sūtra che parla di satya: 2.36 satyapratiṣṭhāyāṃ kriyāphalāśrayatvam Taduzione satya: veridicità pratiṣṭhāyāṃ: essendo fermamente stabiliti kriyā: azione phalā: risultato, frutto āśrayatvam: l’essere sostenuto da qualcosa Quando si è stabilmente fondati nel non dire falsità (satyapratiṣṭhā), vi è garanzia nel bilanciamento (āśrayatva) [della relazione valoriale] tra atti e frutti. [F. Squarcini(a cura di), Patañjali, Yogasūtra, Giulio Einaudi editore, Torino, 2015] Significato Chi agisce secondo il principio della verità con fermezza e convinzione vive in maniera retta e consapevole, ha cioè l’atteggiamento giusto che permette di realizzare le proprie intenzioni e assaporane i frutti. Satya nella vita Durante il nostro cammino satya dovrebbe sempre illuminare la nostra strada, tuttavia riconoscere la realtà delle cose può essere un processo difficile e a volte doloroso, poiché fattori come la paura, l’irrazionalità dei sentimenti e le pressioni sociali ostacolano la nostra ricerca. Incrementare la nostra sete di conoscenza è il primo passo verso la verità, spesso, infatti, vediamo le cose in maniera distorta, applichiamo dei filtri per edulcorare la realtà e preferiamo ignorare piuttosto che sapere, ma a lungo andare questo atteggiamento ci rende incompleti e infelici. Occorre invece andare in profondità per cogliere l’essenza: anche se all’inizio può costare un po’ di fatica in più, nel tempo verremo ripagati. La pratica di satya deve iniziare da noi stessi, occorre coltivare il dialogo interiore: è difficile fare progressi senza prima sapere da dove partiamo, riconoscere i sentimenti difficili e avere il coraggio di guardare le cose come stanno è fondamentale per acquisire maggiore consapevolezza. Cerchiamo di accettare anche le sfumature meno positive che riguardano la nostra vita, è normale attraversare dei periodi fatti di dubbi e incertezze, così come è normale provare sentimenti come rabbia, ansia e frustrazione, finché non riconosciamo cosa accade realmente dentro e fuori di noi, non potremo iniziare ad affrontare gli ostacoli che ci si pongono davanti né potremo elaborare le strategie per superarli. È importante eliminare le scuse e andare al cuore delle cose, questo vale per tutti gli aspetti della vita: ad esempio per migliorare la nostra forma fisica, è inutile zig-zagare da un nutrizionista all’altro, chiediamoci sinceramente se abbiamo rispettato il piano alimentare e il calendario dell'attività fisica con la giusta fermezza; se non riusciamo a mirare a un obbiettivo finanziario, invece di fare acquisti random, diamo uno sguardo alle nostre abitudini e risorse per poi stilare un piano d’azione realistico; se vogliamo migliorare le nostre relazioni, prima di avanzare richieste, dobbiamo essere sinceri e analizzare i nostri atteggiamenti. L'onestà deve partire dal pensiero, ma non deve fermarsi alle parole, bisogna che si rispecchi anche nelle azioni: "Qual è il mio vero scopo?” "Cosa mi impedisce di essere me stesso?” “Cosa posso fare?”, e ancora "Voglio davvero mettermi in gioco?” "Cosa sto facendo per me/l’atra persona?” "Quanto sono disposto a dare?" "Sto considerando le esigenze di tutte le parti?" "È la persona/cosa giusta per me?” porsi queste domande ci aiuterà a compiere le scelte giuste. Praticare la verità significa essere coerenti, mettendo in linea la nostra mente e i nostri gesti, cosicché il nostro stile di vita risulti genuino e orientato verso la rettitudine e la consapevolezza. Sincerità vuol dire anche saper dire “no": non sempre è facile pronunciare questa sillaba perché ci dispiace ferire gli altri o deludere gli standard sociali, così diventa una consuetudine inventare scuse, sviare la conversazione e non di rado mentire. A volte reclinare un invito, negare un favore che non possiamo concedere, non dare false speranze, non soddisfare una richiesta che va contro i nostri principi, non seguire una moda, dire di no al capriccio di nostro figlio, sarà più sincero e benefico, inoltre risparmierà parecchi malintesi, darà più tempo agli altri per organizzarsi e in diversi casi sarà persino educativo. Ci sono alcune eccezioni, però, ricordiamoci che satya va bilanciata con ahimsa, infatti, è sempre meglio associarla alla gentilezza e alla benevolenza, dire la verità a tutti i costi a volte è controproducente e può causare inutile sofferenza: solo perché qualcosa è vero, non significa che sia sempre appropriato farlo notare, se ciò che omettiamo non inficia l'onestà e il rispetto nei confronti dell’altro siamo autorizzati a rimanere in silenzio. Poniamoci sempre questi tre quesiti: "È vero?” "È gentile?" "È necessario?”, se le ultime due risposte sono negative per una volta possiamo tacere. Praticare satya significa vivere l’armonia naturale che si istaura tra il singolo e il mondo, occorre pertanto essere quanto più possibile onesti con sé stessi e con gli altri e per farlo è necessario esercitare il distacco, esso infatti ci aiuta a non formulare giudizi personali e a mantenere le nostre scelte lucide e imparziali. Satya è come una luce che rischiara il cammino, ci permette di procedere con sicurezza, senza rimpianti e rimorsi, il suo splendore incrementerà la conoscenza di noi stessi e il benessere di chi ci sta intorno, donandoci una vita più profonda e autentica. Leggi anche I commenti sono chiusi.
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