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Un culto trasversaleIl culto di Shiva (Śiva) è antichissimo, le sue origini risalgono al VI millennio a.C., tanto da aver influenzato molte delle religioni che si sono succedute nella storia dell’uomo, basti pensare a alle somiglianze con alcune divinità egizie o con Dioniso in Grecia. Ed è proprio dal culto di quest’ultimo, sorto intorno al V millennio a.C., dal quale risale proprio la matrice naturalista in Occidente, Dioniso con le sue baccanti (derivante dal greco bakkhos, strepitare) rappresentava il mondo nella sua realtà più nuda, totalizzante, così come accade nel culto di Shiva. L'Occidente, però, nel corso della storia ha preso gradualmente le distanze da siffatte premesse per cedere ad un antropocentrismo a volte miope e lontano dalla realtà, mentre l’Oriente, seppur afflitto da numerose contraddizioni, ha mantenuto più vivo il suo rapporto con la natura, forse grazie al permanere di culti in cui tale connessione è rimasta privilegiata. La devozione a Shiva ne è un esempio lampante. I mille volti di ShivaShiva è una delle più importanti divinità del pantheon induista, la sua figura complessa e poliedrica raccoglie e sintetizza le diverse tradizioni emerse nel corso dei secoli, ricevendo, perciò, molti nomi e appellativi. Tale pluralismo onomastico rispecchia la fluidità della sua natura, unendo concetti apparentemente contrastanti come ascetismo e mondanità, ferocia e bontà. I testi antichi descrivono il dio con le sue caratteristiche essenziali, evidenziando sfaccettature diverse a seconda della narrazione. Nei Veda è mostrato con attributi legati sia alla distruzione che alla protezione, mentre nelle Upaniṣad emerge come principio cosmico supremo. I Purāṇa ne ampliano il ruolo, attribuendogli epiteti che sottolineano la sua funzione creativa e rigenerativa, infine le tradizioni tantriche e bhaktiche aggiungono ulteriori designazioni, esprimendo il rapporto intimo tra il dio e i suoi devoti. Ogni nome rispecchia una sfumatura della sua essenza, rivelando il modo in cui viene percepito nei vari contesti religiosi e filosofici. Questa pluralità di appellativi testimonia l’evoluzione della sua venerazione e la sua capacità di armonizzarsi al momento storico e alle diverse correnti spirituali. Nei paragrafi successivi vedremo alcuni dei principali nomi attribuiti a questa divinità ed esploreremo alcuni dei suoi aspetti più peculiari. Shiva il benevoloShiva significa “il fausto”, quando parliamo di lui ci ritroviamo di fronte a una divinità immensa, dalla natura essenzialmente benevola, che possiede numerose qualità positive. Shiva è il principio della vita, il Linga, il sacro fallo da cui fuoriesce il seme della creazione, la divinità del piacere fine a se stesso, qui affatto demonizzato, e in ambito più elevato metafora mistica del risveglio verso la conoscenza. Ma non traiamoci in inganno con questa ondata di virilità, poiché Shiva è nondimeno Ardhanarisvara, l’ermafrodito, e non potrebbe essere altrimenti, dal momento che rappresenta la divinità primordiale in cui sono contenuti tutti i principi: è da egli stesso che si manifesta la Shakti, l’energia femminile da cui scaturisce la materia che compone l’universo. Sempre a definire la natura bonaria del dio l'appellativo di Bhola Nath, il Signore semplice, derivato dal culto popolare e dalle tradizioni tantriche. Secondo la leggenda Shiva rappresenta l'asceta supremo e colui che ha rivelato lo Yoga all’umanità, per questo è conosciuto con i nomi di Yogendra, Yogesvara, Mahayogi, tutti appellativi che mettono in luce proprio l'aspetto ascetico della divinità. Lo Yoga è una disciplina antichissima che fa parte delle sei Darsana, le dottrine alla base del sistema filosofico indiano, si tratta, dunque, di un dono preziosissimo attraverso il quale gli uomini hanno la possibilità di esplorare la propria natura, di comunicare con essa, con se stessi e con il mondo, sino ad ottenere la liberazione. Non a caso il dio è detto anche Pasupati, signore delle belve e delle foreste, l’etimologia deriva da pasu “bestiame” e da pāsa “vincolo”, simbolo dell’interdipendenza tra tutti gli esseri e l’universo, la legge universale ossia l’ordine divino. Ed è proprio la natura stessa che il dio incarna nella sua bellezza cruda e dinamica. Shiva il distruttoreAbbiamo detto che Shiva è il principio, il dio della vita, e quest'ultima è strettamente legata allo scorrere del tempo che fluisce senza sosta, motivo per cui il dio viene chiamato Mahakala, il tempo del tempo. Tuttavia il suo nome contiene Si, la radice del sonno, parabola della fine dell’universo, egli è colui nel quale tutto dorme, il sonno senza sogni, la sospensione, quando anche le fluttuazioni della mente si placano, in riferimento allo stato di unione che lo yogin sperimenta nel suo percorso meditativo. Nei testi vedici Shiva è associato a Rudra, nome la cui etimologia sembra provenire dalla radice sanscrita rud- che significa “urlare, piangere”, egli viene menzionato nel Ṛgveda come una divinità feroce, associata ai fulmini, alle malattie e al terrore, ma anche alla guarigione. Con il tempo, Rudra si fonde a Shiva, identificandosi come il principio supremo, persino nei Purāṇa, il nome rimane per sottolineare l’aspetto distruttivo e ascetico della divinità. Il legame con Rudra introduce la duplice natura del dio, che se da un lato incute timore dall'altro protegge e rigenera. Shiva è perciò necessariamente anche Bhairava, il distruttore, il Signore che emana la potenza disgregante, colui che dissolve il cosmo, che danza la tāṇḍava e porta la morte tra i vivi, regnando su di essa e sui morti, a lui, infatti, si dedicano i riti e i roghi funebri. Egli fa parte della Trimūrti, la triade divina composta da Brahma, Vishnu e Shiva, simbolo del ciclo continuo di creazione, preservazione e distruzione che sottende la natura di tutte le cose. Shiva è espressione della forza che riassorbe i mondi e gli esseri nel Brahman immanifesto, per consentire a Brahmā esplicare la sua creatività dando inizio alla rinascita, è colui che elimina gli ostacoli e le divisioni, compresa quella tra l’anima individuale e l’anima universale. Shiva il danzatore cosmicoE veniamo ad un aspetto cruciale, apprezzato persino nell'ambiente scientifico, lo Shiva danzatore, detto Naţarāja, ovvero il “Signore della danza”, a cui è dedicato uno degli asana più celebri dello yoga, Natarajasana. Qui il dio è pura energia in movimento, rappresenta la danza cosmica, dunque racchiude in sé il concetto di inizio e di fine, i cicli di nascita e di morte, e di tutto ciò che vi sta in mezzo, del fluire della vita stessa. La Tandava se da un lato rappresenta la danza della distruzione dall'altro innesca il processo necessario per il rinnovamento e la trasformazione, in perfetta armonia con l'essenza dinamica dell'universo. Danielou dichiara a riguardo: “Śiva come manifestazione dell’energia ritmica primordiale è il ‘signore della danza’ (Naţarāja). L’universo cosmico è il suo teatro. È il danzatore itifallico principio d’ogni vita. Ciò che unisce Creatore al Creato, l’essere divino al mondo visibile, può essere espresso in termini di ritmo, di movimento, di danza. Il Creatore danza il mondo e, per analogia, la danza degli uomini può essere considerata un rito, un mezzo con il quale ci è possibile risalire all’origine delle cose, accostarci al divino, unirci ad esso”. La potenza di Naţarāja si manifesta nel numero cinque, come i cinque elementi che domina e le cinque azioni o panchakriya, rappresentate da altrettanti elementi distintivi: Shrishti, la creazione, il tamburo e l’Om; Sthiti, la conservazione, con l’Abhaya Mudra gesto di protezione; Samhara, la distruzione attraverso il fuoco purificatore; Tirobhava, l’illusione; Anugraha, liberazione, emancipazione, grazia. Shiva è dunque una divinità fluida e poliedrica, forse quella che più di tutte in ogni tempo è riuscita a rappresentare meglio la natura che si trasforma, l'energia in perenne movimento, ad incarnare in una sola figura la complessità ineffabile dell'universo. I simboli di Shiva
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